Angri, sabato 26 Marzo, alle ore 18,30, la mostra personale dell’artista capuana
Maria Gagliardi presenta una serie di opere – per lo più lightbox – che riutilizzano fotografie anonime, ritrovate in mercatini o negozi dell’usato, prodotte con evidente tecnologia analogica. Queste vecchie foto inducono nell’osservatore la consapevolezza di trovarsi di fronte ad immagini che documentano in modo incontestabile qualcosa di realmente accaduto: porzioni di realtà (persone, architetture, paesaggi, ecc.) ritratte esattamente così come sono apparse attraverso l’obiettivo del fotografo.
Ogni lightbox, tuttavia, contiene una immagine doppia, frutto della sovrapposizione di due fotografie, una di fondo ed una visibile in trasparenza (diapositiva o negativo), che non sono state modificate dall’artista con ritocchi o montaggi coprenti. L’immagine complessiva è così il risultato della sovrapposizione di due foto, che, in quanto entrambe analogiche, si lasciano interpretare nel loro insieme come un’immagine realistica. Ogni dettaglio, che sia frutto della sovrapposizione o meno, sembra essere il riflesso di qualcosa realmente ritratto dal medesimo fotografo, nel medesimo istante. La foto sovrapposta in trasparenza conferisce così a quella di fondo una sorta di “dilatazione di significato”, generata dall’aumento della sua capacità di rappresentazione. Perchè ciò che appare ritratto si apre (improvvisamente) alla più fantasiosa interpretazione, che dipende unicamente dalla capacità d’immaginazione dell’osservatore.
Una delle due immagini appare sicuramente come una scena ritratta direttamente dalla realtà, ma l’altra sovrapposta? È forse il sogno della persona ritratta nella foto di fondo? È forse il suo ricordo di un affetto passato? Oppure si tratta di due fasi compresenti dell’esistenza della stessa persona? O ancora l’apparizione immateriale di un individuo che continua ad essere presente nei luoghi in cui ha vissuto ma che ha fisicamente lasciato? Qualunque significato si voglia attribuire alle fotografie sovrapposte di Maria Gagliardi, non v’è dubbio che esse riescano a farci pensare che, in qualche modo, sia possibile dare immagine alla parte invisibile delle nostre esistenze.
Il titolo della mostra si riferisce così alla possibilità di un’esistenza. Alla vita, di una o più persone, che può esplicarsi solo nell’immaginazione di un osservatore; ossia nello spazio immaginativo e anche narrativo che si crea tra due immagini sovrapposte che documentano due esistenze reali, ma che in questa dimensione temporale non si sono mai incrociate.