Non poche perplessità ha sollevato, e tuttora suscita, un cartello apposto in bella mostra in uno slargo ubicato nei pressi del Ponte Romano di Capua, che reca la scritta: ”Prossima apertura – area destinata a pascolo per pecore”. Chi transita per la prima volta per via Ponte Vecchio Romano non può non notarlo. Per strada si incontrano innumerevoli cartelli recanti messaggi pubblicitari ai quali, in genere, si presta poca attenzione; quello in questione, invece, a causa del suo spiazzante contenuto, costituisce uno stimolo alla riflessione. Naturalmente la visione di quel cartello può produrre nell’osservatore delle suggestioni diverse a seconda della sua provenienza . Chi vi transita occasionalmente e non conosce i ”fatti capuani” potrebbe essere indotto a credere che la cittadina di Capua, più sensibile delle altre alle tematiche ambientali, ha pensato di deputare un apposito spazio, al pascolo delle pecore, per far coesistere, nel tessuto urbano, in amabile sinergia, uno spaccato di vita bucolica; se così interpretato, il messaggio veicolato dal cartello sarà stato pure oggetto di invidia. Il belato delle pecore e lo scampanio dei campanacci delle pecore ha, infatti, sempre avuto un effetto rilassante ed averlo a disposizione a pochi passi dai condomini cittadini potrebbe essere apparsa una inaspettata opportunità. Invece, i capuani, più a conoscenza delle vicende locali, hanno colto nel messaggio in questione una vena di sarcasmo per la destinazione finale di quell’angolo di spazio cittadino, in via di presumibile degrado. Ricordiamo l’antefatto sia per i forestieri che per i capuani più distratti: per alcuni mesi, nell’anzidetta area, ove un tempo si trovava un distributore di benzina, sono stati eseguiti dei saggi archeologici, che hanno comportato l’esecuzione di un profondo scavo. In profondità, a pochi metri dalla Via Appia, sono state rinvenute antiche mura. Le persone più incuriosite hanno notato operai intenti a spalare grandi quantità di terreno ed uno o più archeologi intenti ad investigare quelle plurisecolari vestigia. Quanti si sono soffermati lungo il perimetro di quegli scavi hanno formulato mille ipotesi circa la natura di quei manufatti rinvenuti a circa due metri di profondità rispetto al livello stradale. Tutti si aspettavano che, al termine dei lavori di scavo e di analisi delle mura rinvenute, la competente Soprintendenza, o altro Ente, titolato a provvedervi, avrebbe dato le opportune direttive per delimitare idoneamente il sito, al fine di collocarvi una targa esplicativa circa quanto rinvenuto ed investigato. Al contrario di quanto immaginato dalle persone più sensibili al patrimonio artistico ed architettonico cittadino, si è assistito ad un epilogo inaspettato di cotanto dispendioso lavoro: lo scavo di notevoli dimensioni, costato sicuramente non poco impegno di risorse pubbliche, è stato di nuovo coperto del terreno rimosso, sul quale è stato sistemato uno strato di brecciolino. Qualche cittadino, interpretando verosimilmente le perplessità dell’opinione pubblica cittadina, ha pensato di collocarvi il cartello de quo, con la riportata lungimirante scritta, in quanto già adesso, soltanto a pochi mesi dal ripianamento degli scavi, la natura si è già prepotentemente impadronita di quell’angolo di terreno: le erbacce che si intravedono sono un pugno nell’occhio. Se in poco tempo ciuffi di erbacce hanno fagocitato quell’angolo di centro urbano, è immaginabile che, nel breve periodo, spunteranno anche degli arbusti. Quello prevedibile non sarà certamente uno spettacolo edificante per la città di Capua, soprattutto perché tutto ciò ricade in pieno centro storico, pressoché in adiacenza alla Via Appia, al fiume Volturno, al Ponte Romano ed alle Torri di Federico. Il notevole dispendio di soldi pubblici avrebbe postulato un diverso epilogo degli scavi archeologici. Il cittadino capuano, in linea con la sua logica, semplice e conseguenziale, avrebbe presagito una diversa conclusione, ovvero con la valorizzazione di quanto rinvenuto e la collocazione di una targa illustrativa di quanto era stato portato alla luce, con le sintetiche indicazioni di quanto era stato esaminato e catalogato. Come è noto, molto spesso, gli scavi archeologici, dopo i dovuti studi e sopralluoghi, se non approdanti a rinvenimenti di rilievo, in linea con le vigenti direttive in materia, vengono ricoperti, annotando, a futura memoria, le coordinate spaziali degli scavi e le risultanze di essi. Per quelli di Capua, in relazione al luogo di esecuzione degli scavi e di quanto evidenziatosi nel sottosuolo, si immaginava un destino diverso. Invece gli studi eseguiti ed i relativi esiti saranno confluiti in un fascicolo a disposizione degli specialisti in archeologia e degli studiosi, mentre la cittadinanza è rimata con un pugno di mosche in mano, non essendo stata compartecipata di alcunché. Di tutto quel certosino lavorio di ricerca e della relativa spesa rimarrà soltanto un voluminoso fascicolo sul quale, inesorabile, si depositerà la polvere del tempo, che tutto silenzia ed oblia. Intanto, nei pressi del ”bar Ciccio”, che si trova nei pressi del Ponte Romano, qualcuno già è pronto a scommettere che, nel giro di qualche anno, la lussureggiante vegetazione, che, nello slargo ha trovato terreno fertile, siccome rimosso in profondità, impedirà finanche la visuale dell’antistante arteria, oggi ancora visibile, adducente al Ponte Nuovo, attualmente chiuso alla circolazione stradale. Questo giornale online non può cambiare il corso delle cose, ma si impegna fin d’ora a fornire qualche ragguaglio più approfondito ai capuani più interessati alla storia della propria città, circa le risultanze di quelle indagini archeologiche, promettendo, fin d’ora, di provvedervi in un prossimo articolo, che sarà pubblicato nel corso della prossima settimana.