Capua – Presso il Museo Archeologico di Napoli è esposta da tempo la cosiddetta Venere di Capua, che raccoglie l’ammirazione dei numerosi visitatori che affollano le sale ove sono esposti gli innumerevoli reperti archeologici. Molto stupore suscita la visione di quella statua, meglio nota come l’Afrodite di Capua, per la perfezione delle sue forme morbide e sinuose. La perfezione dell’opera d’arte cattura l’attenzione dei visitatori, anche dei più distratti o dei meno acculturati. La bellezza, oggettivamente intesa, non ha bisogno di essere pubblicizzata, poiché sa autopromuoversi da sola. E che ciò sia vero è dimostrato dalla circostanza che affollate comitive di estasiati visitatori si attardano a lungo intorno a quella scultura in marmo bianco, dalle imponenti dimensioni. La statua diviene, quindi, singolare punto di attrazione ed oggetto di continue riprese video e di scatti fotografici. Quasi tutti vogliono portare a casa il ricordo di quell’opera d’arte. Soprattutto i capuani ed i sammaritani, eredi dell’antica Capua, sono orgogliosi della sua visione perché essa fu rinvenuta nel XVII secolo nell’area dell’anfiteatro campano. La statua, alta 220 centimetri, copia di un originale in bronzo del IV secolo a.C., è una scultura romana retrodatante al secondo secolo d. C. Le braccia della venere seminuda sono protese in avanti, una in alto ed una in basso, come se stesse reggendo un qualcosa che gli studiosi hanno immaginato potersi trattare di uno scudo, probabilmente simile a quello in dotazione a Marte, impiegato come uno specchio nel quale rimirare la sua bellezza. La statua è stata oggetto di accurati restauri nel diciannovesimo secolo. Il soggetto rappresentato è così suggestivo da essere stato riprodotto tel quel anche in altri siti: la versione più conosciuta è quella della Venere di Milo, conservata presso il Museo del Louvre di Parigi.
Alcune riprese fotografiche dell’eccelsa scultura