CULTURA

CULTURA – EVASIONE CULTURALE A CHILOMETRO ZERO E AD EURO UNO: IL COSTO DI UN CAFFE’. LE CARCERI VECCHIE DI CURTI

CAPUA – Le cosiddette “Carceri vecchie” di Curti, nonostante la loro importanza storica ed architettonica, sono, in genere, sempre chiuse. Occasionalmente, la locale Soprintendenza ai beni culturali ne consente la visita, come avvenuto domenica 22 settembre 2024, in occasione dell’Appia day. In tali circostanze sono le associazioni di volontariato di Curti, attraverso i loro volenterosi sodali, a provvedere alla relativa apertura, alla illustrazione del sito ed all’accompagnamento dei visitatori durante la visita. Preliminarmente si precisa che, come chiarito da una guida, la denominazione del luogo è impropria, perché mai adibito a carcere, in particolare dei gladiatori, essendo stato sempre adibito a sepolcro di un ricco possidente dell’antica Roma. Pure infondata la diceria che vorrebbe quel sito essere stato frequentato da Spartaco, il famoso gladiatore che calpestò la viciniore arena dell’Anfiteatro romano della Capua antica. La breve distanza in linea d’aria intercorrente tra i due luoghi avrebbe alimentato la suggestiva diceria popolare, infondata siccome incongruente anche sul piano cronologico. Il mausoleo romano “Carceri vecchie”, che è l’edificio funerario più grande della Campania, è un monumento funerario avente una pianta circolare, costruito nel primo secolo d. C., sulla falsariga del tumolo (NELLE FOTO, VARIE RIPRESE DEL MONUMENTO). All’esterno della costruzione si ammira un reticolato di conci di calcare alternato con quello di tufo giallo, in cui ben si evidenziano delle semicolonne tuscaniche. Sulla sommità del mausoleo si innalza un corpo di fabbrica ugualmente circolare, di diametro inferiore. Dopo due millenni il Mausoleo si appalesa ancora compatto ed imponente. Dal livello stradale della Via Appia, che gli scorre davanti, si ha la sensazione che il piano terra di esso sia coincidente col piano viabile. Invece non è così, poiché quando si accede, scendendo alcuni gradini, all’area recintata che lo delimita, ci si accorge che il Mausoleo si presenta interrato di quasi un paio di metri; il mausoleo, pertanto, ha una altezza di circa due piani, mentre dalla via Appia lo si percepisce dell’altezza del solo piano terra.

L’ingresso del Mausoleo viene consentito da un’apertura scavata sul suo fianco sinistro (rispetto a chi guarda dalla via Appia), poiché l’ingresso originario fu sbarrato in occasione della costruzione della chiesetta ottocentesca di S. Maria della Libera. Dove un tempo c’era l’ingresso del mausoleo adesso c’è l’altare della chiesa in argomento: si volle, forse, chiudere per sempre l’accesso ad un luogo rievocante riti pagani. Appena si accede nel mausoleo, l’attenzione viene catturata da alcuni slarghi posti ai quattro angoli interni del corpo circolare, curiosamente coperti da terreno, in cui, al tempo della sua costruzione, erano stati posti degli alberi di alto fusto, quasi a voler illeggiadrire quel luogo di sepoltura. L’interno delle Carceri vecchie, sebbene molto fascinoso per i numerosi archi e le aperture praticate nella volta, per l’aerazione e l’illuminazione, si presenta spoglio. Si intravedono in alcuni punti resti di affreschi che coprivano l’interno del mausoleo. Le tombe, ove venivano inumate le salme, sono visibili nel pavimento. In esse non si intravede alcunché. Le guide dell’associazione di volontariato che, domenica 22 settembre 2024, hanno accompagnato, in funzione di Cicerone, le comitive che accedevano all’interno del mausoleo, accortamente in numero di poche unità per volta, stante la ristrettezza del luogo, hanno spiegato che i fori che si notano sulle pareti non erano altrettanti loculi ma l’opera consequenziale di maldestri tentativi di furto eseguiti dai tombaroli nei secoli passati, alla ricerca di oggetti e monili preziosi, mai trovati, in quanto gli scavi furono praticati sugli affreschi, colà presenti, sul retro dei quali essi, erroneamente, ritenevano che fossero state inumate le salme che, invece, erano state interrate nell’area sottostante al pavimento. La storia delle “Carceri vecchie” offre lo spunto per ricordare un episodio avvenuto nel 1788, proprio davanti ad esse, lungo la via Appia, percorsa da innumerevoli veicoli trainati da animali da tiro. Una targa, scolorita dal tempo, poco visibile dagli automobilisti, riporta il testo di una missiva di quell’anno, indirizzata dagli eletti del comune di San Prisco all’Intendente di Caserta che si riporta integralmente: “Gli Eletti del Comune di San Prisco furono obbligati di somministrare sei paia di bovi per trasportare un grosso marmo in questo Reale Palazzo, destinato pel piedistallo dell’Ercole Farnese, che dee situarsi nel prospetto della Scala Reale di detto Reale Palazzo. Or giunto il mezzo fuori di codesta città, è venuto a rompersi il Carro matto sul quale era situato il marmo, ed in conseguenza è rimasto nella pubblica strada quel tempo che ha dovuto impiegargli nell’accomodo del carro. Tornati i carresi a riprenderlo, gli è stato impedito da un Ufficiale Francese, pretendendo il pagamento di ducati sei, quanti dice d’aver dovuto pagare ai Soldati per far discostar dalla strada il marmo, onde render libero il passaggio alla Truppa. E poiché i bovi si trovano in codesta città, ed il marmo deve trasportarsi, ho stimato passarvi io le preghiere, in assenza dell’Ecc.mo Signor Cav.re Macedonio, affinché vi compiaceste sentire il Comandante di codesta Piazza, che permetta il trasporto del suddetto marmo, e che essendosi eseguita la spesa, sarà mia la cura di farla indennizzare a chi vi conviene da questa Reale Amm.ne a semplice vostro avviso; non essendo conducente, che si arresti il Reale servizio, e patiscono gli animali per siffatta circostanza. Ho l’onore di dedicarvi la mia distinta osservanza “.

Il testo dello scritto è molto interessante perché ci fa desumere che il marmo di supporto all’Ercole Farnese collocato dirimpetto allo scalone reale della Reggia di Caserta proveniva quasi sicuramente dalle cave del Tifata e che dovesse essere davvero imponente se per trasportarlo occorrevano sei paia di buoi (quindi dodici buoi). Singolare la presenza dell’ufficiale francese che pretendeva un rimborso per l’impiego dei militari per lo spostamento del marmo che intralciava il passaggio sulla via Appia. E tutto questo avveniva nel 1788, davanti all’ingresso delle “Carceri vecchie”.

DISEGNI STORCI DEL MAUSOLEO

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