CAPUA – Chi va ad Ischia molto spesso è preso da mille attrazioni, dal paesaggio marino alle numerose
terme, dagli alberghi di lusso agli ubertosi parchi e giardini, dal verde Monte Epomeo alle coste
isolane, tutte diverse l’una dall’ altra. Eppure capita che molti non vadano a visitare il Castello
Aragonese ( nelle foto di testa, alcuni scorsi del forte) che tutto sommato è uno dei siti più interessanti di Ischia ed è uno dei più agevolmente raggiungibili pure a piedi. Infatti, quanti giungono ad Ischia cominciano a sciamare un po’ dappertutto, per l’isola, spesso dimenticandosi del Castello Aragonese che si trova ad alcune centinaia di metri dal porto, dove attraccano i natanti, i traghetti e gli aliscafi provenienti dal porto di Napoli.
Discesi dai natanti, percorrendo una strada molto pittoresca (e si consiglia di farlo a
piedi), ricca di negozi molto caratteristici, si giunge al Castello Aragonese che si alza al di sopra di
un isolotto roccioso, alto circa 113 metri, collegato all’isola di Ischia, mercé un ponticello lungo
soltanto 220 metri. In quei pochi ettari di terreno (circa 5 ettari, quasi tutto di natura rocciosa e,
pertanto, inaccessibili), perché l’isolotto è davvero piccolo, si è svolta la maggior parte della storia
di Ischia, dall’antichità fino ai giorni nostri: un vero concentrato di storia e di fede religiosa.
Visitare il Castello Aragonese è come fare una full-immersion nelle vicissitudini dell’isola: un
viaggio di oltre due millenni. Su quel piccolo isolotto fu costruita una prima fortezza (Castrum
Gironis – Castello di Girone), nel 474 a.C., in onore di Gerone I, denominato il tiranno di Siracusa,
quale ricompensa dei Cumani per l’aiuto da egli prestato, con la sua flotta, nella guerra contro i
Tirreni, conclusasi con la sconfitta di questi ultimi nelle acque di Ischia, nei pressi di Lacco Ameno.
Dopo breve tempo quel Fortino passò sotto la dominazione dei Partenopei, che lo tennero per
poco, tant’è che già nel 315 a.C. la fortezza cadde sotto la dominazione dei Romani che nell’isola
di Ischia fondarono la colonia di Aenaria. Il fortino, adibito a scopo difensivo, fu arricchito anche di
rifugi per i pescatori e per quanti vi abitavano, nonché di alte torri per l’avvistamento di eventuali
navi nemiche. Nei secoli successivi, intorno al castello, si sviluppò un agglomerato urbano che
cercava, in tal modo, di sfuggire ai ricorrenti attacchi, con conseguenti devastazioni e saccheggi,
posti in essere da parte dei Visigoti, dei Vandali, degli Ostrogoti e, poi, degli Arabi, dei Normanni,
degli Svevi e degli Angioini. Insomma tutti i popoli barbari e non che infestavano la penisola
italiana ed il Mare Mediterraneo misero casa nella predetta fortezza, ritenuta un punto strategico,
peraltro pure inespugnabile, per il controllo del traffico marittimo del Sud Italia. Arrivarono, infine,
gli Aragonesi, il cui sovrano – Alfonso V d’Aragona-, nel 1441, diede alla preesistente fortezza un
assetto architettonico più rispondente alle esigenze difensive del XV secolo, dandole una forma
quadrangolare, arricchito di ben quattro torri. Con gli Aragonesi la fortezza giunse al suo massimo
splendore, tanto da assumere la denominazione di “Castello Aragonese”, che perdura tuttora.
Risale a quel tempo la costruzione di un ponte in legno, sostituito poi con uno in pietra, che
collega l’isolotto con la terraferma di Ischia. La fortezza fu contornata di una guarnigione di
militari per la difesa del castello, mentre vennero costruite abitazioni/rifugio per dare ricetto
temporaneo alla popolazione stanziale dell’isola di Ischia in caso di attacco dei pirati. In
precedenza l’accesso alla fortezza avveniva direttamente dal mare, mentre con gli Aragonesi si
accedeva alla fortezza attraverso il ponte, percorrendo poi una galleria profonda scavata nella
roccia. Chi, oggi, la percorre percepisce immediatamente la maestria degli architetti del tempo
che, dopo aver scavato il tunnel, lo dotarono di ogni possibile difesa passiva, con l’apertura di fori -conosciuti col nome di piombatoi- nella parte superiore di esso, da cui gli armigeri aragonesi
potevano versare olio bollente ed oggetti contundenti su quanti avessero inteso attaccare il
maniero, via terra.
Tra il XV ed il XVI secolo, il Castello Aragonese, in una superficie particolarmente esigua e, peraltro, accidentata, che si sviluppava pressoché verticalmente, si eradotato di prestigiose istituzioni, accolte in prestigiosi palazzi, quali il Palazzo del Principe, con annessa guarnigione, il Monastero delle Clarisse, il palazzo del Vescovo, col Seminario ed un’Abbazia.
Vi si contavano addirittura tredici chiese, tra cui primeggiava la Cattedrale, in cui, nell’anno 1509, furono celebrate le nozze tra Vittoria Colonna e Fernando Francesco D’Avalos. Vittoria Colonna era nota anche come poetessa e nei 31 anni in cui soggiornò nel suo castello diede ospitalità a letterati, a scultori e ad uomini di cultura, tra cui Ludovico Ariosto, Jacopo Sannazzaro, Michelangelo Buonarroti, Giovanni Pontano e molti altri artisti. Dopo questo felice periodo, arrivò ancora una volta un momento difficile per l’isola di Ischia e del Castello Aragonese.
Sopraggiunse, infatti, la dominazione francese, prima sotto Giuseppe Bonaparte, fratello di
Napoleone Bonaparte, e poi sotto Gioacchino Murat. Gli inglesi, alleati dei Borbone, nel tentativo,
poi riuscito, di riportare a Napoli quella dinastia, nel 1809, sottoposero ad un prolungato e
sistematico bombardamento il Castello Aragonese, presidiato dai Francesi, provocando gravissimi
danni alle strutture murarie. Ritornarono, quindi, i Borbone e Ferdinando I, Re delle Due Sicilie,
sgomberò la residua popolazione che ancora dimorava nel Castello Aragonese e convertì la
fortezza in un carcere, destinato ad accogliere i prigionieri politici, cioè quanti durante la
dominazione francese avevano tramato contro il trono. Cosa è rimasto di rilevante e degno di
essere visitato di questo isolotto, piccolo di superficie e sul quale il costruito occupa soltanto una
piccola parte di esso? Orbene, il Castello Aragonese, benché pressoché distrutto in gran parte,
rinacque a nuova vita all’inizio del decorso secolo allorché dei privati lo acquistarono per abitarci,
dando luogo ad una imponente azione di recupero architettonico ed artistico, non solo della
fortezza, ma anche di tutti gli edifici che lo circondavano. Premesso che la visita al solo castello è di
per sé sufficiente per ripagare il visitatore del costo del biglietto di accesso, si evidenzia la
singolarità e la spettacolarità del luogo dove, una sull’altra, si sovrappongono chiese, terrazze, un
cimitero, dei vigneti e dei frutteti, un museo e finanche un carcere, quello borbonico, del XIX
secolo, naturalmente, oggi, dismesso. Le chiese tuttora esistenti sono la Chiesa di S. Maria delle
Grazie o dell’Ortodonico, la Chiesa della Madonna della Libera, la Chiesa di San Pietro a
Pantaniello, la Cappella votiva del Traforo, la Chiesa dell’Immacolata, il Monastero delle Clarisse, la
Cattedrale dell’Assunta. Poi c’è il carcere borbonico, il Terrazzino del tempio, i resti del tempio del
sole, la casa del Sole, il Viale dell’Ailantus, il terrazzo degli ulivi, la torre di avvistamento e di difesa,
il Sentiero del Sole, il Viale dei palmenti, i Gradoni di S. Cristoforo, i Palmenti per la vinificazione
ed, infine, sulla sommità dell’isolotto, in una celestiale posizione panoramica, finanche un bar,
denominato per l’appunto “Il Terrazzo”.
Alcune chiese sono state recuperate soltanto in parte o di esse è rimasta soltanto qualche visibile traccia. Molto interessante il museo allestito in alcuni
saloni con vista sul mare; per le persone facilmente impressionabili si sconsiglia la visita alla
sezione degli strumenti di tortura, in cui sono esposti aggeggi raccapriccianti, opera di menti
perverse e sadiche. Ci sarebbe tanto da dire su ciascuna chiesa, ma la visita delle stesse rende più
di mille parole. Si reputa, invece, opportuno fare una riflessione sul Carcere Borbonico, in cui sono
esposte delle bacheche in bronzo riportanti i nominativi dei prigionieri politici che colà furono
detenuti. Da un’attenta lettura emerge che in quel carcere furono ristretti molti cittadini di Santa
Maria Capua Vetere; il loro numero appare percentualmente elevatissimo se si tiene conto che in
quel carcere furono ristretti i detenuti politici di tutto il Regno delle Due Sicilie, si presume della parte continentale, in quanto non vi risultavano detenuti nativi della Sicilia. La numerosa presenza
di prigionieri politici sammaritani nel carcere borbonico di Ischia è la comprova dell’esistenza, nel
XIX secolo, in Santa Maria Capua Vetere, già sede di tribunale e residenza di numerosi avvocati, di
una ricca borghesia acculturata e di propensioni politiche liberali, insofferente alla monarchia
borbonica. Il castello Aragonese è visitabile agevolmente a piedi, salvo che per le persone anziane
o a ridotta mobilità che si possono avvalere di un modernissimo ascensore. La visita alla fortezza
aragonese è molto piacevole e, pertanto, le fatiche dell’escursione sono ripagate ampiamente; ma
ci si può riprendere a mezzo di una breve sosta sulla terrazza del bar che domina il paesaggio
circostante a 360 gradi, esperienza anch’essa unica ed indimenticabile.