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LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE…di Don Franco Galeone

La domenica “della visitazione” Maria fa visita a Elisabetta per comunicarle il grande avvenimento della sua maternità, e per portare aiuto alla cugina in attesa di partorire. Maria comprende ed agisce. Con gioia e decisione! Chi porta Dio nel cuore cammina con cuore gioioso anche per strade faticose. Bella questa Maria che cammina veloce su strade difficili! Il suo è il passo di chi annuncia tempi nuovi. Essa è l’aurora del Signore, che comincia ad essere itinerante sin dal seno di sua madre. Maria non tiene stretto a sé il Bambino! Essa sa bene che quel Figlio viene da lei ma non è tutto suo: è un dono di Dio per tutti. Un Gesù “tra i suoi” non ha senso. Gesù non appartiene a nessuno, perciò è di tutti.

* Nella Roma del 326, su un calendario liturgico, al 25 dicembre apparve la scritta: Dies Natalis D. N. Iesu Christi in Betlehem Judae. Tutti sanno che quella data non è storicamente precisa. Attorno al 25, inizia la festa del Sol Invictus, celebrata nella Roma imperiale con circenses, strenne, pranzi pantagruelici. Vivente ancora Costantino, la saggezza della chiesa romana non abolì il clima festoso, ma gli diede altri contenuti: è Gesù quella nuova “luce che è venuta nel mondo” (Gv 3,19). Ebbene, siamo tornati ai tempi di Costantino: al posto di Gesù Bambino, ecco quel Babbo Natale che ci viene dalla mitologia celtica. Ecco l’albero con i doni, totem degli indoeuropei. Ecco la vischiosa melassa degli “auguri”, parola pagana per eccellenza. Ritorna di attualità la notizia dataci da san Girolamo che, nel 135, dopo la disfatta della seconda rivolta giudaica, per ordine dell’imperatore Adriano, la grotta della Natività fu trasformata in luogo di culti erotici in onore di Adone e Venere. Riavvolgiamo il nastro e torniamo a Bet Lèchem: Natale è la nascita di Gesù, la rinascita dell’uomo!

* Sembra fastidioso, anche dissacrante, ricordare a Natale queste cose. Invece gli aspetti negativi della vita ci ricordano una verità centrale: il Bimbo del presepe è Colui che un giorno finirà sulla croce. La poesia del Natale non dev’essere una droga sottile, piacevole, che ci fa dimenticare la realtà in cui viviamo. La commozione, da sola, non basta: commuoversi per convertirsi, questo sì! Non dobbiamo ridurre il Natale a una breve parentesi (da Natale a santo Stefano!) di vaga religiosità, di fumoso filantropismo. Dio ha preso l’ultimo posto fra noi: da quel giorno stare dalla parte degli ultimi è un dovere, uno stile, una testimonianza. Buona Vita e felice Natale!

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