Sono ormai passati 5 anni dal tragico evento del 24 agosto 2016 quando alle ore 3.36 una violenta scossa di terremoto di magnitudo 6 colpì la città di Amatrice, in provincia di Rieti, e altre comunità vicine nelle Marche, in Umbria e in Abruzzo, provocando 299 morti e 388 feriti.
Al suono della tromba suonata da un carabiniere che ha intonato il Silenzio, il premier Mario Draghi ha deposto una corona d’alloro al monumento delle vittime del terremoto di Amatrice, nel parco don Minozzi della cittadina laziale che fu distrutta dal sisma.
Come ricorda la lapide sotto il monumento di travertino, le vittime di Amatrice sono state 237 sulle 299 complessive.
Draghi a famiglie vittime: Ricostruzione lenta, ora situazione è diversa Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, questa mattina ad Amatrice ha incontrato una delegazione di familiari delle vittime del terremoto. Il Presidente del Consiglio ha ascoltato con grande attenzione e partecipazione le loro parole. “Se oggi sono qui è perché lo Stato vi è vicino. In passato è stato lento ma adesso la situazione è diversa: i lavori di ricostruzione stanno procedendo più velocemente. Sono oggi qui a portarvi fiducia e l’impegno del Governo”, ha detto il Presidente Draghi.
Nel corso dell’incontro è stato anche affrontato il tema, da anni portato avanti dai familiari, della creazione di un fondo per le vittime degli eventi sismici, sul quale – è stato ricordato – c’è già una iniziativa parlamentare e che è anche all’attenzione del Governo. Il vescovo di Rieti: Non basta ricostruire, occorre prima costruire “Prendendo spunto dall’immagine utilizzata dall’Apocalisse nella prima pagina che abbiamo ascoltato nel descrivere la città futura, possiamo spingere lo sguardo su queste ‘terre mosse’ dell’Appennino che, dopo anni di incertezza e di ritardo, sembrano avviate finalmente alla loro ricostruzione.
Ora che la ricostruzione è partita, però, ci si accorge che non basta ri-costruire. Occorre, ancor prima, ‘costruire’ un nuovo rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Non limitarsi, cioè, a riprodurre le forme del passato, ma lasciarsi provocare dalla natura, che è creativa e aperta al futuro”. Lo ha detto nell’omelia della messa al campo sportivo di Amatrice in ricordo delle vittime del sisma 2016 il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili.