Chissà che non ne valga la pena. Il Volturno merita molto di più di un contratto di fiume, fatto di chiacchiere e di atti che non hanno prodotto alcunché. Il progetto di valorizzazione del corso d’acqua è, del resto, ancora arenato. Non se ne parla davvero più e istanze di smentite alla nostra inchiesta che aveva portato a smascherare l’assenza di fondi destinati alla sua tutela, in base a quanto riferito in una conferenza stampa da un consigliere regionale, non sono ancora pervenute. L’entusiasmo nostro si accende, però, ogni qualvolta gli amici canoisti dell’associazione “Volturnia Kayak” documentano qualche loro casuale ma preziosissimo ritrovamento. Dopo la scoperta dei ruderi di un’antica struttura fluviale, la cui forma “a ferro di cavallo” ha suscitato non poco interesse tra i cittadini e un vivace confronto sul porto di “Casilinum”, è toccato nuovamente ai curiosi canoisti catturare, con immagini, un elemento che meriterebbe – come i predetti ruderi – qualche approfondimento in più. Tra le macerie del vecchio ponte, abbattuto nel corso dei bombardamenti del nove settembre del ‘43, è stato localizzato sotto alcuni blocchi di pietra – complice anche il basso livello del fiume – un elemento sagomato in rilievo, diverso dall’insieme di reperti che lo nascondono alla vista, almeno dal ponte Romano e dalla riviera. Chissà che qualche associazione di archeologi subacquei non ne tragga interesse e decida di ispezionare i fondali del Volturno, quantomeno quelli dell’ansa a ridosso del centro storico. Del resto, non è così remota la possibilità di rinvenimento di importanti reperti, tra cui “Casilinum” e la statua di San Giovanni Nepomuceno, al di là di oggetti di uso comune ed armi finite in acqua nel corso di diversi conflitti. Basterebbe poco a riaccendere la voglia e la speranza di considerare il Volturno ancora come una risorsa e non come il consueto oggetto di slogan elettorali.