EVASIONE CULTURALE A CHILOMETRO ZERO E AD EURO UNO – Viviamo nella storia, nell’arte e nella bellezza: tutto è a portata di mano. Bisogna soltanto riscoprirlo perché tutto è già intorno a noi e fruibile a costo pressoché zero; il costo di un caffè.
La scorsa settimana facemmo un’escursione a Sant’Agata dei Goti che ha riscosso, per curioso effetto, il maggiore interesse soprattutto tra gli abitanti di quella meravigliosa cittadina. Capita sempre così: quando si nasce in un luogo e l’occhio si abitua, fin da sempre, all’orizzonte esistenziale che ci si prospetta innanzi, non si riesce più a coglierne le sussistenti magnificenze che, invece, saltano immediatamente all’attenzione di chi vi giunge per la prima volta. Così è avvenuto anche per Teano, che si estende sulla parte più bassa delle ultime propaggini del vulcano di Roccamonfina. Ero già stato, in altre occasioni, in quella cittadina, ma mi ero limitato ad una breve visita. Questa volta mi ero posto un obiettivo: visitare il Museo Archeologico e l’Anfiteatro. Mi sono limitato a pormi un obiettivo preciso per non trascurare alcunché dei due obiettivi da visitare. Il Museo Archeologico è allogato in Via Gigli, in un edificio del XIV secolo ed in esso sono esposti pregevolissimi reperti, dal Paleolitico alla tarda antichità che raccontano in compendiosa sintesi la storia di Teanum Sidicinum. Le tracce archeologiche più antiche retrodatano all’età del bronzo; i reperti più significativi della Teanum Sidicinum provengono dalle necropoli scoperte, nel tempo, lungo gli assi stradali esterni all’abitato principale che si sviluppò sull’acropoli, in posizione, quindi, sopraelevata e facilmente difendibile da eventuali attacchi esterni. Nel Museo sono visionabili tutti i reperti rinvenuti nelle necropoli individuate in località Bagnonuovo, Masseria Campofaio, Torricelle, Grafevola e Orto Ceraso. Di notevoli rilevanze sono le stipi votive provenienti dal santuario di Giunone Populonia, sito in località Loreto, ovvero nella periferia della città. Nella targa che dà il benvenuto al museo viene spiegato che esso propone “un viaggio nel passato alla scoperta dell’antico popolo dei sidicini”. Il pannello illustrativo chiarisce, altresì, che quella “comunità di lingua osca si sviluppò ed abitò un territorio compreso grosso modo tra il Monte Maggiore, il vulcano spento di Roccamonfina e la piana campana” e che trasse non poco beneficio dal principale “corso d’acqua della zona, cioè del fiume Savone che, insieme alle numerosissime sorgenti e alla fertilità del terreno vulcanico, crearono condizioni favorevoli per l’insediamento e lo sfruttamento delle risorse naturali ed agricole fin dalla preistoria”. L’ingresso del museo è di per se stesso suggestivo, contornato da imponenti statue che, sebbene, acefale ti rapiscono per la loro struggente bellezza. All’interno sono esposti, racchiusi in moderni espositori una miriade di reperti, distinti per tipologia: vasellame, olle per le derrate, anfore, vasi in ceramica fine. Tutti i recipienti furono realizzati in impasto grezzo, a volte con superficie steccata o in ceramica depurata con decorazioni dipinte, aventi spesso la forma di fasce fantasiosamente disegnate; innumerevoli sono anche gli oggetti in ceramica a vernice nera, con artistiche decorazioni, talvolta con figure rosse. Veramente eccezionali e di gran valore e bellezza sono i gioielli e gli oggetti ornamentali esposti, con le relative didascalie illustranti le loro caratteristiche, il luogo e la data del ritrovamento e l’epoca in cui furono utilizzati (retrodatanti finanche al VI secolo a.c.): bracciali di bronzo, collane di pasta vitrea, fibule di bronzo e d’argento, specchi di bronzo, pissidi, fibule ad arco d’oro, collane ed anelli d’oro. I reperti hanno un enormevalore, sia per il materiale in cui sono stati realizzati (oro, argento e pietre preziose) che per la loro raffinata lavorazione artistica, che nei monili più pregevoli richiama la tradizione dell’oreficeria etrusca. E che dire delle numerosissime monete ritrovate nelle varie sepolture. Il ritrovamento più cospicuo è quello che va sotto il nome di “Gruzzolo della stipe sud del Santuario in località Loreto”. Trattasi di monete, in genere in bronzo (qualcuna in argento) coniate in zecche della Campania, tra il IV ed il III secolo a.C., rinvenute in una coppa a vernice nera, avente la forma del tipo a becco di civetta. La stessa città di Teano coniò delle monete d’argento e di bronzo, a partire dal 280 a.C.; esse erano identificate dall’iscrizione Tianud (sul dritto) e Sidikinud) (sul rovescio), che significava “dalla zecca di Teano Sidicino”. Nelle necropoli sono state rinvenute circa 500 monete d’argento e di bronzo, quasi tutte in buono stato di conservazione: si presume che l’ottimale stato sia derivato dalla circostanza che esse furono acquisite subito dopo che erano state coniate, proprio allo scopo di darle in offerta alle divinità. Nella didascalia a corredo dell’espositore recante la dicitura “Il tesoro degli Dei” viene riportata la notizia di uno straordinario rinvenimento operato nel 1890, anno in cui, nei pressi del fiume Savone, in località Cardarelle, fu rinvenuto un enorme deposito di monete romane: circa 6.000, ormai disperse, retrodatanti dall’età di Augusto (31 a.C. -14 d.C.) fino al regno di Giuliano (361-363 d.C.). Bellissimo un “Cupido alato”, la cui foto, allegata al presente articolo, rende per bene il virtuosismo dello scultore, sia nella rappresentazione del drappeggio, che sovrasta la testa, che in quella dei lineamenti del volto. Al termine del percorso museale sono esposte delle parti di statue gigantesche, come una testa ed una mano (di quest’ultima ho fotografato il dorso ed il palmo), dalla cui visione si può stimare la dimensione complessiva della statua di cui facevano parte. Lo stabile stesso ove è allogato il museo è anch’esso meritevole di una citazione, poiché, come spiega una targa esplicativa, il museo è stato ricavato in un edificio sviluppatosi sopra un edificio preesistente: “un edificio sotto il museo”, siccome sorto su stratificazioni archeologiche precedenti. Si ipotizza che gli ambienti sottostanti il pavimento museale potevano ricondursi ad un’importante ed imponente residenza privata o ad una struttura destinata ad usi pubblici, di età augustea, di cui restano tuttora evidenti i segni della presenza di ambienti riscaldati, con le relative intercapedini. La visita al museo è risultata davvero interessante e, soprattutto, utile, in quanto i contenitori espositivi e le didascalie sottostanti spiegano magnificamente tutto ciò che occorre sapere sui reperti esposti: data e luogo dei ritrovamenti, sintetiche illustrazioni degli oggetti esposti e del periodo storico a cui sono riferibili, tipo di lavorazione ed influssi delle civiltà coeve di altre aree geografiche. Sarebbe auspicabile che i dirigenti scolastici pianificassero, sia per la scuola media inferiore che superiore, delle visite per esigenze di natura didattica, in quanto, con l’ausilio di una brava guida, è possibile apprendere, in qualche ora, tutto ciò che necessita sapere sulla splendida civiltà dei nostri luoghi natali: una civiltà conosciuta in tutto il mondo e, spesso, disconosciuta propria da quanti vi dimorano stabilmente. A corredo di questo articolo allego alcune foto che, più delle parole, rendono il concetto della bellezza che è intorno a noi: bisogna avere soltanto lo spirito e la sensibilità giusta per coglierla ed apprezzarla, perché cercarla altrove non ha senso. Sono stato entusiasta della visita al museo archeologico di Teano.
Tutte le norme per il contenimento del contagio del covid venivano fatte osservare: peccato che non c’erano altri visitatori. Il che è tutto dire: tanto ben di Dio senza che alcuno se ne nutra! In apertura di questa mia escursione, avevo anticipato che avrei visitato anche l’Anfiteatro di Teano. Ebbene ci sono arrivato, dopo aver percorso circa mezzo chilometro di una bella strada di campagna, un po’, però, in stato di abbandono per la presenza di qualche rifiuto urbano e di un ingombrante (frigorifero), depositato aimargini della carreggiata. Giunto all’Anfiteatro, mi accorgo che il cancello d’ingresso era chiuso. M’incammino lungo il perimetro del complesso archeologico per fare delle foto attraverso la cancellata posta sul muretto di delimitazione e dopo un po’ decido di andare via. Prima di farlo, verifico su google gli orari di apertura al pubblico, accorgendomi che esso, il giovedì (il giorno 21.10.2021, in cui mi ci sono recato) era aperto. A questo punto, benché non notassi alcuna anima viva all’interno dell’area archeologica, decidevo di suonare il campanello posto all’ingresso. Una solerte signora, che accorreva subito al cancello, mi spiegava, all’uopo interpellata, che l’Anfiteatro era visitabile. Vi accedevo, rilevando immediatamente uno stato di abbandono e di degrado complessivo, per la presenza di erbacce e nastri di delimitazione da cantiere, anche mal posti o interrotti in qualche punto, apposti allo scopo di delimitare le aree non accessibili ai visitatori. Riuscivo, purtuttavia, a fare, da posizione sopraelevata, delle foto della cavea (la stessa era inaccessibile, per la presenza dei suddetti nastri di delimitazione) e dei reperti archeologici più significativi. La signora addetta all’Anfiteatro mi ha gentilmente fornito tutte le possibili delucidazioni sull’Anfiteatro, sulle zone visitabili e sui lavori in corso in un’area ancora oggetto di scavo e, pertanto, non accessibile. L’Anfiteatro risale alla fine del secondo secolo avanti Cristo e presenta tutt’oggi una cavea imponente e pregevoli reperti archeologici, quali capitelli e colonne, alcune di ragguardevoli dimensioni, meritevoli di ben altro trattamento e cura, quali, almeno, la regolare ed ordinaria manutenzione, allo scopo di scongiurare la presenza di erbacce infestanti che sono di grave pregiudizio all’immagine del complesso archeologico.
La cittadina di Teano dispone di innumerevoli siti di notevole interesse artistico ed archeologico (la Cattedrale, il Palazzo vescovile, le chiese, i conventi, le necropoli, il Teatro, l’Anfiteatro, il museo Archeologico, il castello, ecc.) che richiedono alcune giornate per visitarli tutti, almeno sommariamente: trattasi, insomma, di una città di notevole interesse turistico che non si può non visitare. Chiudo la visita alla città di Teano riportando quanto si legge sull’epigrafe incisa su di una piccola lastra rettangolare di marmo apposta, in alto, sulle antiche mura di Via Gigli, facenti parte della cinta muraria dell’acropoli, risalente al IV secolo a.C.: “Quae urbem servaverunt hic moenia servantur (Le mura che conservarono la città sono qui conservate)”. Ebbene visitiamole tutte quelle memorie, così ben conservate, nonostante le ingiurie del tempo dei decorsi millenni. Voglio, infine, citare la pasticceria Sweet Love, di Viale Europa di Teano, dove mi sono fermato per chiedere informazioni sulla strada per arrivare all’Anfiteatro, senza aver prima gustato un ottimo caffè ed uno squisito prodotto fresco di pasticceria. Complimenti ai titolari dell’esercizio del quale conservo ancora il ricordo della fragranza della sfogliatella consumata.