MISTERI IRRISOLTI

RUBRICA: CASI IRRISOLTI, L’OMICIDIO DI ROMINA DEL GAUDIO.

Romina Del Gaudio era una giovane diciannovenne napoletana, precisamente del Vomero dove viveva con la madre. Il padre, separatosi dalla moglie anni prima, risiedeva in Germania e i contatti con la figlia Romina erano poco frequenti. Vista la quotidiana assenza di una figura maschile importante, Romina legò moltissimo con lo zio Ciro, fratello della madre.La giovane lavorava per un noto gestore telefonico nel ruolo di promoter, e il suo ruolo la portava spesso ad allontanarsi da casa. La mattina del 4 Giugno 2004, con un gruppo formato da quattro persone in totale, si recò ad Aversa per trovare nuovi clienti nel comune casertano. Arrivati in piazza Municipio, le strade dei quattro colleghi si divisero: ad ognuno venne assegnata una via diversa da battere, con l’appuntamento del ricongiungimento fissato intorno al mezzogiorno.Romina così iniziò il suo “tour” di negozi per formulare nuovi contratti, incamminandosi fra quei fitti vicoli aversani.Dalle 14:00 di quel giorno di Romina non si ebbero più notizie, il suo cellulare risultò più volte fuori uso.Le ore scorrevano lente, scandite dall’ansia della madre e dei parenti più cari, ma della ragazza non vi era più alcuna traccia. Partirono così gli appelli della madre, dello zio, degli amici. Il suo volto venne trasmesso anche in TV.Dopo alcuni giorni, precisamente il 21 Luglio dello stesso anno, una chiamata anonima rivelò il ritrovamento di alcuni resti umani nel bosco adiacente alla Reggia di Carditello nel comune di San Tammaro, a 15 km circa da Aversa. La segnalazione si rivelò veritiera: un cadavere fatto a pezzi, logorato dagli agenti atmosferici e deturpato da volpi, roditori e rapaci era nascosto fra i cespugli. La scena fu macabra, il corpo quasi completamente scarnificato era poco distante da alcuni indumenti e oggetti, fra i quali uno slip nero appeso ad un piccolo ramo e un cartellino da lavoro. Il cartellino indicava proprio le generalità di Romina Del Gaudio. L’appartenenza dei resti alla giovane napoletana venne confermato anche da due analisi accurate degli inquirenti, mentre le cause della morte furono difficili da accertare, visto lo stato delle spoglie della povera Romina. Secondo alcuni esami, la ragazza fu prima vittima di un fendente alla schiena e poi di due colpi di pistola alla tempia, ma i bossoli non furono mai ritrovati nel bosco, elemento che confermò la teoria secondo la quale la vittima fosse stata uccisa in altro luogo.Il caso fece subito clamore, le ipotesi di un allontanamento volontario che fu imbastito dagli inquirenti nelle prime ore della scomparsa vennero subito distrutte. La zona del ritrovamento dei resti, a molti chilometri dal luogo della sparizione, era ed è tutt’oggi popolato soprattutto di notte da prostitute, tossicodipendenti ed altre persone in malaffare. Non si convinse nemmeno innanzi a due test di genetica, la madre Grazia che continuò ad affermare che quel cadavere non appartenesse alla figlia, ma che bensì Romina si trovasse altrove, rapita da degli sconosciuti.Nei giorni seguenti, alla madre della vittima arrivò una telefonata anonima di un uomo che si rivelò essere lui il carnefice della figlia, di averla trucidata e di essersene pentito e che sarebbe giunto a costituirsi subito dopo. Ma nessuno si presentò dalle forze dell’ordine. Seguirono altre telefonate inquietanti del genere, tutte ad opera di sconosciuti.Le indagini si diressero subito sul vicino di casa, da alcuni descritto come un vero e proprio stalker della ragazza. L’uomo cercò di costruirsi un forte alibi che venne subito smentito ma le analisi sullo slip ritrovato nel bosco lo scagionarono, indumento intimo che la madre non riconobbe come appartenente alla figlia. Eppure il vicino di casa, interrogato prima del ritrovamento del cadavere, dichiarò agli inquirenti di non aver mai fatto del male alla ragazza, né di averle sferrato un’ipotetica coltellata, dettaglio agghiacciante perché pochi giorni dopo fu ritrovato il cadavere con segni evidenti di una lama nel corpo.Le indagini successivamente posero in risalto la posizione del padre: l’uomo avrebbe dovuto testimoniare in un processo dove erano coinvolti alcuni membri di spicco del clan dei Casalesi, una presenza forte nella zona dell’aversano.La perquisizione approvata dal tribunale di S.Maria Capua Vetere nella residenza del padre trovò però l’opposizione delle autorità tedesche che negarono la procedura.Le indagini continuarono con altre piste percorribili ma mai del tutto spulciate a fondo, con nuovi nomi iscritti all’albo degli indagati, ma le vicende successive diedero esito negativo. I familiari della vittima accusarono e accusano tutt’ora gli inquirenti di aver trattato il caso con troppa leggerezza e negligenza, portando infatti la chiusura del caso. La madre della vittima morì nel 2014 senza sapere la verità sull’assassinio della figlia.Cosa è successo quel tiepido giorno di Giugno in quelle strette vie non c’è dato saperlo. Certo fa rabbia sapere che l’assassino è rimasto impunito e a piede libero, ancora capace di fare del male. 

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