ATTUALITA'

“Il momento in cui la disabilità si fa arte”

“La disabilità impressa sulle tele”

Se pensiamo ad un artista famoso ci viene in mente il talento, la genialità, la creatività ed il modo in cui ha interpretato l’universo, l’uomo, la natura attraverso colori e sfumature.
Tanti artisti però, si sono ritrovati a convivere con una disabilità, ne sono un esempio : Michelangelo, con una patologia dolorosissima agli arti superiori sin dalla nascita, ma che lavorò di scalpello, martello e pennello fino all’età di 89 anni. Francisco Goya, affetto da problemi neurologici, quasi sordo e cieco, con difficoltà nel muovere il braccio destro, che realizzò comunque opere sublimi. Paul Klee, malato di sclerodermia, un disturbo raro e complesso che non gli ha impedito di creare dipinti di alto spessore.
E tanti altri.
Ci soffermiamo, però, su Frida Kahlo, pittrice messicana malata di Spina Bifida, artista dalla personalità forte, passionale, indipendente, con un gran talento pittorico.
Nonostante le difficoltà trovò ispirazione nella sua “diversità”.

“Non sono malata. Sono rotta, ma sono felice fintanto che potrò dipingere” F. K.

All’età di 18 anni la sua vita già segnata, fu sconvolta totalmente in seguito ad un incidente: tornando a casa da scuola, un tram si scontrò con l’autobus sul quale si trovava, schiacciandolo contro un muro. Rimase gravemente ferita, la colonna vertebrale spezzata in tre punti, fratture e slogature permanenti in tutto il corpo ed a causa di una ferita all’addome e all’anca perse la possibilità di portare a termine una futura gravidanza. Subì 32 interventi, degenza lunghissima in ospedale, portò busti invalidanti e fu costretta a rimanere immobile in un letto per molto tempo.
Fu proprio durante questo periodo nero e buio della sofferenza che iniziò a dipingere la propria immagine riflessa in uno specchio posto sul soffitto insieme ad un cavalletto e dei colori ad olio.
Soleva dire: “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio”.
Frida Kahlo trasformò la propria condizione di disabile in una sorte di panacea, una terapia dell’anima, una forza oppositrice alla sorte avversa impressa sulle tele, dimostrando la grandezza propria solo degli eccelsi e veri artisti.

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