Caserta – Venerdì 3 Dicembre ricorre, come da 39 anni a questa parte, la giornata internazionale dedicata alle persone affette da disabilità. Era il 1981, infatti, quando le Nazioni Unite istituirono questa ricorrenza, diventata attiva dall’anno successivo, affinché almeno un giorno l’anno si potesse concentrare il dialogo e indirizzare gli sforzi della comunità globale sulla tematica della disabilità. In quasi quarant’anni si sono compiuti enormi passi in avanti, pari forse solo a quelli che ancora devono essere fatti per abbattere quelle barriere che ancora caratterizzano la quotidianità di un diversamente abile. Il mondo dello sport è tra quelli che più si sono evoluti nel proprio rapporto con la disabilità. Il successo delle Paraolimpiadi di Tokyo 2020, sia da un punto di vista puramente sportivo che di copertura mediatica, mette in evidenza quanto a livello mondiale lo sport non sia più tabù per i portatori di handicap. L’Italia, in questo, sembra essere sulla strada giusta: nona nel tabellone paraolimpico, con 69 medaglie totali, di cui 14 ori, 29 argenti e 26 bronzi.
A conferma di ciò, importanti sono le parole di Bebe Vio, portabandiera proprio in occasione delle ultime paraolimpiadi, rilasciate in giornata all’evento “LiveIn” organizzato da Sky Italia a Courmayeur. La due volte campionessa olimpica nel fioretto ha dichiarato: << L’Italia è uno dei paesi più avanti per quanto riguarda la disabilità >>. Va da sé che, detta da un simbolo dello sport paraolimpico come Bebe Vio, un’affermazione del genere acquisti un peso specifico particolarmente notevole.
Nel nostro piccolo, la Campania si sta lentamente ritagliando un posto di primo ordine all’interno del panorama nazionale dello sport per disabili. In particolare, negli ultimi anni ben due squadre della nostra regione, la Volley Academy Teodoro Cicatelli di Olevano sul Tusciano (SA) e la A.S.D. Nola Città dei Gigli (NA), si sono imposte ai massimi livelli di sitting volley. Proprio la società nolana, il 21 Novembre, ha conquistato con la sua formazione maschile la seconda edizione della Coppa Italia di sitting volley, bissando in tal modo il successo dello scorso anno. La manifestazione, che si è svolta in formato Final Four a Parma, ha visto anche la compagine femminile di Nola salire sul podio, imponendosi infatti al terzo posto dopo aver battuto Roma nella finalina. A giugno dello scorso anno i ragazzi avevano già trionfato nel Campionato Italiano Assoluto, mentre proprio in occasione di Tokyo 2020 la società Nola Città dei Gigli era stata rappresentata nella nazionale femminile di sitting volley, classificatasi sesta nel tabellone finale, dall’atleta Alessandra Vitale, capitano dell’Italia, e dal Capo Delegazione della spedizione olimpica FIPAV, nonché allenatore della società nolana, il Professor Guido Pasciari.
Il sitting volley è l’adattamento della pallavolo pensato per le persone diversamente abili. Le regole di base sono le stesse della disciplina originale, con alcune differenze sostanziali. Anzi tutto, il campo da gioco è più piccolo e da 18×9 si trasforma in 10×6. Stesso discorso per la rete, che da 2,43 e 2,24 m, rispettivamente altezze della maschile e della femminile, diventa 1,15 e 1,05 m. Principalmente, la sua caratteristica più importante si concretizza nell’obbligo, nel momento in cui ciascun atleta tocca il pallone di gara, di avere almeno una parte del proprio tronco, natiche comprese, saldamente ancora per terra. I giocatori in campo restano dunque seduti per l’intera durata dell’incontro, creando una situazione che è differente da tutti gli altri sport pensati per le persone affette da disabilità. Grazie al contatto costante con il suolo infatti, le condizioni di partenza sono livellate per tutti gli atleti, andando in tal modo ad annullare eventuali squilibri di abilità. Il sitting volley infatti prevede la possibilità di schierare fino ad un massimo di 4 giocatori normodotati, a patto che ovviamente seguano le regole dei loro compagni e/o avversari disabili.
L’unicità e la magia di questo sport consiste allora proprio nel saper annullare le differenze, mettendo sullo stesso piano normodotati e diversamente abili. Per tutta la durata della partita, a ben vedere, chiunque sia in campo è perfettamente uguale a chi gli sta di fronte o accanto. Dodici persone unite da un’unica, potentissima, definizione, quella di atleti. Cadono così le barriere che quotidianamente opprimono la vita delle persone affette da disabilità, regalando sprazzi di una società finalmente inclusiva e comprensiva delle esigenze di ognuno. Lo sport è da sempre un mezzo dall’enorme potenziale sociale e nello specifico la pallavolo, per le sue caratteristiche distintive, riesce ad intercettare le necessità di una parte della comunità troppo spesso abbandonata al proprio destino.
Si avverte allora il bisogno di compiere altri sforzi collettivi che vadano esattamente nella direzione che il sitting volley si sforza di mostrare: creare una società in cui chiunque, con le proprie differenze e le proprie difficoltà, possa sentirsi membro equamente considerato di una stessa, grande ed inclusiva famiglia.