Il giorno 30 agosto, alle ore 23,47, nella stazione di Brandizzo (Torino) ha avuto luogo una grave sciagura ferroviaria: un treno regionale ha, difatti, travolto ed ucciso cinque operai che si accingevano a svolgere lavori di manutenzione sulla massicciata e sulle relative rotaie. La circostanza che l’evento infortunistico abbia avuto luogo proprio nella stazione ferroviaria ci induce a fare qualche riflessione: gli operai della quadra di manutenzione, pur sapendo che la circolazione dei treni era ancora in corso, confidando sulla propria perizia, procedevano tuttavia all’inizio dei lavori, con l’intento di sospenderli al momento, ovvero all’incirca in vista del transito del convoglio ferroviario. L’eccessiva fiducia nelle proprie capacità li ha, purtroppo, traditi, tant’è che non sono stati in grado di porsi in salvo al sopraggiungere del treno. Se la stazione ferroviaria fosse stata presenziata dal relativo personale, come avveniva nei decenni passati, la sciagura in questione non avrebbe avuto verosimilmente luogo, in quanto il capostazione o i ferrovieri colà di servizio -ed in passato quella era la norma nella gestione ferroviaria-, li avrebbero avvisati per tempo o, almeno, gli avrebbero impedito di eseguire dei lavori in violazione delle regole e del buon senso. La premessa svolta ci è servita per parlare della stazione ferroviaria di Capua (ma in Italia esistono altrettante innumerevoli consimili stazioni), poiché anch’essa appare non presenziata dal personale delle Ferrovie dello Stato. Soltanto dopo pochi minuti dall’accesso in essa si ha una sensazione di vuoto, perché non viene colta la presenza di qualsivoglia personale di servizio. E’ soltanto una percezione, ma poi ti guardi in giro ma non vedi nessuno. Tutti gli uffici appaiono sprangati e non presidiati. Forse non c’è veramente anima viva e vieni colto dallo sconforto, perché la stazione è stata sempre luogo d’incontro, oltre che di transito per i viaggiatori. L’unica presenza stabile è rappresentata da un operoso operaio di una ditta di pulizie, che nel corso di ogni mattinata ramazza con diligenza tutti i locali comuni. Eppure il transito dei convogli ferroviari è diligentemente preceduto da annunci irradiati a mezzo di altoparlante preavvisanti l’arrivo dei treni, con l’indicazione di eventuali ritardi. Frequenti sono gli inviti all’utenza a non attraversare i binari oppure a non sostare al di là della linea gialla, in prossimità dei binari. Tutto appare regolare ed efficiente se non fosse che molti viaggiatori attraversano con noncuranza i binari per raggiungere le banchine con messa in pericolo della propria incolumità e compromissione della circolazione ferroviaria. Le violazioni sono frequenti, ma nessuno viene sanzionato o almeno redarguito. Tutto è affidato al buon senso dei viaggiatori: quelli più temerari continuano ad attraversare impunemente nella presupposizione che non ci sia alcuno a far osservare le norme. Soprattutto in mattinata è facile riscontrare il diffuso malvezzo degli attraversamenti. In cima alla lista dei temerari sono da annotare gli studenti che viaggiano in treno, provenienti dalle cittadine a nord di Capua che oltrepassano i binari finanche col treno ancora in stazione. In seconda battuta si collocano gli stranieri extracomunitari; questi ultimi sono, però, giustificati in parte potendo non comprendere il contenuto degli avvisi irradiati. Ecco, questa è la conseguenza di avere una stazione non presidiata o insufficientemente presenziata: non sempre si può demandare il tutto alla televideosorveglianza ed alla gestione digitale della cosa pubblica. Un minimo di presidio è pur sempre auspicabile almeno per dissuadere episodi di teppismo o di vandalismo, sempre possibili, o il radicarsi di fenomenologie criminogene, quali lo spaccio di stupefacenti. Siamo partiti dalla sciagura ferroviaria di Brandizzo (Torino) per cogliere il filo conduttore che lega quella stazione con tutte le altre, numerosissime in Italia, che da qualche decennio non sono più presidiate, volendo significare che non sempre l’eccessiva economia in certi delicati settori, quali il trasporto ferroviario, sia una scelta gestionale sempre condivisibile ed esente da potenziali pericoli. Infine, anche per la stazione di Capua si vuole evidenziare quanto già rassegnato nell’articolo del giorno 5 settembre 2023, dal titolo “Capua: immobile pubblico di pregio del Regio Esercito, ma destinato al degrado ed all’oblio”. Facemmo rilevare che nello stabile sito nell’appendice del Pirotecnico di Capua sono sussistenti degli alloggi che un tempo erano adibiti ad alloggio di servizio del personale militare e civile, mentre attualmente non lo sono, con grave pregiudizio di essi. Orbene, pure nella stazione ferroviaria di Capua sono compresi degli amplissimi appartamenti (N.2), con altrettanti spaziosi terrazzi, anch’essi in passato adibiti quali alloggi di servizio (dei capistazione): detti appartamenti sono desolatamente vuoti. Se fossero stati assegnati al personale in servizio delle ferrovie li avremmo almeno salvaguardati e preservati, conservando un presidio, sia pure informale, in loco. Ma le scelte della pubblica amministrazione sono imperscrutabili. E la stazione di Capua (come le similari) è divenuta una ghost station, una stazione fantasma come quelle rievocate nei film sul Far West, con la differenza che queste ultime lo diventarono perché abbandonate e non per l’eccesso di impiego della moderna tecnologia –come avviene oggi- che rende superflua finanche la presenza di una sola figura umana –pur sempre necessaria- al servizio della collettività dei viaggiatori.