In una nota pubblicata oggi su il Mattino si dimostra con dati alla mano che nel Sud la cultura rende molto di meno che nelle altre regioni del Centro Nord. E ciò risulta evidente in primo luogo sul piano economico, in quanto “l’incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo sul prodotto locale risulta inferiore di quasi due punti rispetto alla media nazionale (il 3,9% a fronte del 5,7%)”.Il divario diventa ancora più accentuato se si considera l’incidenza dei livelli occupazionali. Il risultato che emerge è ancora una volta deprimente se osserviamo i dati anche dal punto di vista delle province. Infatti, ad eccezione di Cagliari nessuna realtà del sud figura tra le prime 20 a livello nazionale per contributo al valore aggiunto prodotto nei vari contesti. Anzi, tra le 20 province che sono in fondo alla graduatoria su 107 a livello nazionale ben 17 sono quelle meridionali, tra cui anche quelle campane (compresa Caserta).
In diverse occasioni abbiamo avuto modo di sottolineare che sul piano della vita culturale il territorio casertano molte volte sembrava ridotto a un “deserto”, con tante città e luoghi privi di spazi e di attività legate alla cultura, alla conoscenza (senza biblioteche, librerie e spesso senza nemmeno una edicola). Eppure il nostro patrimonio storico, artistico, di beni culturali è tra i più ricchi del mondo, con tante bellezze anche ambientali e naturali che vengono depredate (basta pensare allo scempio delle cave sui Colli Tifatini). Ancora una volta ribadiamo che con la cultura si potrebbe ripartire per uscire da momenti difficili come quelli che ancora stiamo attraversando. Per poterlo fare occorre un impegno diverso, più adeguato per quantità e qualità di risorse investite, in primo luogo da parte delle imprese che operano nel settore e delle associazioni datoriali.
A tal fine proponiamo alla Camera di Commercio e a Confindustria di promuovere in autunno una sorta di stati generali della cultura e del sapere da cui far scaturire idee, progetti, nuove attività creative (in primo luogo per i giovani). Su questo obiettivo stiamo già lavorando da alcuni mesi in collaborazione con un gruppo di associazioni, come la rete delle Piazze del Sapere, Pianeta cultura, Aversa Donne e Amici Città della Scienza. Per tutti rimane decisivo l’obiettivo di far diventare la cultura un fattore trainante di sviluppo locale e di innovazione, con la prospettiva di poterla diffondere come volano di coesione sociale, di valorizzazione dei beni comuni (a partire da monumenti insigni come il Museo campano di Capua e il belvedere di S. Leucio), di conoscenza e di apprendimento permanente per la crescite ed i riscatto civile delle nostre comunità. Come è stato sottolineato nel convegno nazionale tenuto a Roma a metà luglio, uno degli obiettivi di tutto il sistema pubblico e privato italiano per il 2021 deve essere la ripartenza del settore della cultura, duramente colpito dalle misure di contenimento introdotte nell’UE per frenare la diffusione del coronavirus.
La fruizione della cultura nel post-pandemia porta dei cambiamenti culturali e tecnologici che impongono nuove figure professionali, nuovi investimenti e una diffusa competenza digitale. Internazionalizzazione, transmedialità e nuove competenze sono alcuni degli elementi da non sottovalutare per un settore che deve trasformarsi per poter ripartire.