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Il ritrovamento
La mattina dell’11 aprile 1953 una giovane donna viene trovata cadavere sulla riva di Torvajanica, si trattava di Wilma Montesi, ragazza di appena 21 anni, nata a Roma il 3 febbraio 1932.
Wilma Montesi era una bella ragazza, chi la conosceva la descriveva riservata e perbene e fidanzata con un agente di polizia, con cui è in procinto di sposarsi e con il sogno nel cassetto di diventare un’attrice.
In realtà, per quanto si possa pensare ad un semplice caso di omicidio o suicidio, l’affaire Montesi diverrà in breve tempo, la prima bomba atomica mediatica che scoppierà in un’Italia appena uscita dal secondo conflitto mondiale.
Wilma, si stava occupando dei preparativi per le nozze fissate per la fine dell’anno, ma la mattina dell’11 aprile il suo corpo senza vita viene ritrovato sulla spiaggia di Torvaianica a più di 30 km da quella Roma papalina e non che, in un certo qual modo, l’avevano protetta, soprattutto dalla sua bellezza, ma si sa, il posto più buio è proprio quello ai piedi della candela.
È la mattina dell’11 aprile, Pasqua era appena trascorsa e sulla spiaggia di Torvajanica non si vede un’anima, ma Fortunato Bettini, manovale, sta facendo colazione seduto sulla sabbia mentre, in lontananza, sulla riva, intravede lo sventolio di un pezzo di stoffa scura che sembrava una bandiera al vento.
Mentre si avvicina, nota una sagoma che non riesce a distinguere bene fino a quando non comprende che si trattava di un lembo di una giacca che apparteneva al cadavere di Wilma, riverso a pancia in giù, a piedi nudi, col volto appoggiato sulla battigia ed immerso in pochi centimetri d’acqua.
Il tempo di realizzare in cosa fosse incappato ed il manovale ne informa immediatamente le forze dell’ordine.
Da questo preciso momento, comincia il caso Montesi; caso che aprì quello che potremmo definire un vaso di Pandora all’italiana, senza esclusioni di colpi con depistaggi, menzogne, falsi, spy story e chi più ne ha, più ne metta, fino a raggiungere il risultato di un golpe bianco realizzato ai danni del governo democristiano di De Gasperi da parte di una fazione interna.
L’esame autoptico negò la possibilità di qualsiasi tipo di violenza, nemmeno sessuale, anche se il corpo era stato trovato senza le scarpe, la gonna, le calze, il reggicalze ed era sparita anche la borsa, il tutto a 30 km da casa…
Le cronache del tempo fotografano Wilma mentre esce di casa dopo aver preso con se la borsetta intorno alle 17:00 del 9 aprile, da sola, per passeggiare dopo aver rifiutato l’invito della mamma Maria e della sorella Wanda ad andare al cinema insieme a vedere la “Carrozza d’oro” poiché non le piacevano i film della Magnani, ma sarà l’ultima volta in cui le famiglia vedrà Wilma viva, quella notte, infatti, non rientra a casa ed i genitori, disperati, pensano subito sia accaduto qualcosa di nefasto e pertanto, intorno alle 20.30, il padre comincia a cercarla nei vari ospedali romani e sul lungotevere fino alle 22.30, orario in cui si presenta al commissariato per denunciare la scomparsa della figlia.
Tra i testimoni dell’epoca, fu ovviamente ascoltata la portiera del palazzo in cui abitavano i Montesi la quale affermò di averla vista uscire di casa quel 9 aprile, intorno alle 17:20. Stranezza notata fu il non aver indossato la collana di perle e gli orecchini, che la ragazza indossava sempre, come quasi tutte le ragazze romane prima di uscire di casa; gioielli in effetti rinvenuti in casa.
Il 13 aprile a casa Montesi arrivò una telefonata: un’impiegata al Ministero della Guerra, Rosa Passarelli, disse di aver visto Wilma sul treno per Ostia delle 17.30. Solo in quell’istante, mah, la sorella ricorda che Wilma aveva parlato di voler andare a Ostia per bagnarsi i piedi nel mare e dare così sollievo a un eczema ai talloni che le provocava forti arrossamenti e dolore.
La padrona di un’edicola vicino Ostia affermò di riconoscere Wilma nella ragazza che il 9 aprile aveva acquistato una cartolina che avrebbe scritto e imbucato per Potenza, luogo dove lavorava il fidanzato Angelo.
Alla fine, in maniera molto svelta, la procura della Repubblica di Roma chiese l’archiviazione del caso nel settembre del ’53; Wilma si era recata ad Ostia per fare un pediluvio, quello che i giornali dell’epoca ribattezzeranno “fatal pediluvio”, ma una volta in riva al mare, un malore le avrebbe fatto perdere i sensi, provocandone l’annegamento.
Tuttavia non si sapeva rispondere al quesito su come avesse fatto il corpo di Wilma a spostarsi da Ostia dove era annegata alla battigia di Torvaianica dove era stato rinvenuto il cadavere e che distano 20 km l’una dall’altra.