CULTURA

AHIMA’AZ (OPPURE ACHIMAAZ) BEN PALTIEL, UNO DEI PIU’ FAMOSI STUDIOSI DI STORIA EBRAICA, E’ NATO A CAPUA ED E’ NOTO IN TUTTO IL MONDO: PRESSOCHÉ SCONOSCIUTO NELLA SUA CITTA’ NATALE, E’ TUTTORA OGGETTO DI STUDI, SEMINARI E, FINANCHE, DI TESI DI LAUREA, SOPRATTUTTO ALL’ESTERO.

CAPUAACHIMA’AZ BEN PALTIEL è l’autore del “Libro delle discendenze” (in ebraico Sefer Yuhasin), nel quale rassegnò la “cronaca” dell’arrivo degli ebrei in Puglia e l’accadimento di alcuni importanti
eventi astronomici che ebbero luogo nei secoli passati. Nel contempo, oltre a rammentarli, ha
fatto anche la storia di una dinastia di astronomi e di astrologi vissuti tra l’VIII e l’XI secolo.
Achima’az Ben Paltiel, che era un profondo conoscitore sia delle Sacre Scritture che della Mistica
ebraica, oltre che di astronomia e di astrologia, ebbe i suoi natali a Capua, nell’anno 1017, anche
se le origini dei suoi antenati erano pugliesi. Dopo aver vissuto a Capua per qualche tempo, si
trasferirà poi nella comunità di Oria, molto numerosa a quel tempo, nella Terra d’Otranto che si
identifica attualmente con la parte meridionale del Tavoliere di Lecce, un’area pianeggiante, poco
elevata rispetto al mare. La presenza degli ebrei in Italia è attestata già dal 300 a. C., anche se
elementi più concreti della loro presenza nella nostra penisola possono collocarsi intorno al 168
a.C., allorché la Giudea richiese al Senato romano di essere soccorsa nella guerra contro i
Seleucidi. Orbene, al seguito delle ambascerie, giunsero a Roma anche mercanti ed artigiani ebrei.
I costumi e gli usi degli ebrei erano molto rigidi a differenza di quelli dei romani. Il precetto
dell’Osservanza del sabato era considerato inderogabile, per cui ogni ebreo si asteneva, in quella
giornata, da qualsivoglia lavoro. Giulio Cesare era abbastanza tollerante con la popolazione ebrea,
consentendole di praticare senza difficoltà i suoi culti. Nel 63 d. C. Gerusalemme fu occupata da
Pompeo; nella circostanza innumerevoli ebrei furono trasferiti in Italia come prigionieri. Tutto,
però, peggiorò nel 70 d. C., quando Tito distrusse il Tempio di Gerusalemme, per debellare la
rivolta degli ebrei contro Roma. Di conseguenza giunsero in Italia migliaia di ebrei come prigionieri:
mentre prima essi erano equiparati ai cittadini, dopo la distruzione di Gerusalemme, ad opera di
Tito, divennero dei profughi e con questa nuova condizione di precarietà iniziò il calvario ebraico
che perdura tuttora. Gli ebrei, nei primi secoli d.C., erano presenti soprattutto a Roma, a Pompei, a
Capua, in Puglia, in Calabria ed in Sicilia. La brevissima digressione è stata necessaria per far
comprendere come mai Ahima’az si trovasse a Capua e poi successivamente si fosse stabilito nella
comunità di Oria, in Puglia, regione nella quale, dopo la distruzione di Gerusalemme da parte di
Tito, affluirono, parte a Taranto e parte in Terra d’Otranto, circa cinquemila ebrei, come
prigionieri. Ahima’az riteneva che nella terra pugliese ci fossero ancora i discendenti dei suoi
antenati. A Capua, in via S. Martino alla Giudea, si trova la chiesa di San Martino alla Giudea (nelle foto di testa ed in basso, il tempio come si presenta oggi ): questi elementi attestano la presenza di una piccola comunità di ebrei, stimata, anni dopo la partenza di Ahima’az, cioè nell’anno 1165, in circa 30 unità. La cosiddetta “Cronaca” contiene una introduzione, con la quale si faceva una sintesi diacronica, ovvero attraverso il decorrere del tempo, dell’arrivo degli ebrei in Puglia, dall’anno 70 d. C., riepilogando le vicende più significative avvenute in quell’area geografica. Dopo la premessa, l’autore focalizzava lo studio su di un suo avo di nome Ammittai, vissuto tra la fine dell’VIII secolo e nei primi decenni di quello successivo, ritenuto un uomo molto sapiente, dedito anche alla poesia.

L’attenzione veniva posta sui suoi tre figli (Shefatiah, Hananeel, El’azar) tutti esperti di discipline filosofiche, compresa la Binah, cioè la capacità di avvalersi della comprensione e del discernimento, e con essi dei valori e delle qualità che ne discendono, come la saggezza e l’intelletto, la Chockmah, cioè l’analisi della sapienza e del potenziale dell’essere, e la Torah, cioè lo studio della prima parte della Bibbia ebraica che raggruppa i libri attribuiti a Mosè. Nel narrare le vicende dei tre fratelli, Ahima’az coglie l’occasione per introdurre un personaggio davvero interessante, un certo Abu Aron, proveniente da Bagdad ed anch’egli dimorante nella terra pugliese, del quale, però, non vengono fornite notizie circa le cause che lo portarono ad allontanarsi dal suo lontano paese natio. Di Abu Aron, benché non ebreo, e quindi apparentemente non oggetto della “Cronaca”, veniva fatto un accurato approfondimento, dal quale emerge che egli era un uomo davvero molto colto e talentuoso,
esperto di mistica esoterica e di astronomia. Verosimilmente, furono proprio le riconosciute
qualità di indagatore del cielo a spingere Ahima’az ad analizzare a fondo quel misterioso
personaggio, del quale è traccia nei testi ebraici, anche se della sua produzione intellettuale non è
rimasto alcunché. Nella “Cronaca” molto spazio venne dedicato al secondogenito di Ammittai, cioè
ad Hananeel, esperto di astronomia, del quale raccontò un curioso episodio rivelatore del suo
carattere. Un giorno, dopo essersi dichiarato particolarmente esperto delle fasi lunari, scommise
col vescovo della sua città, verosimilmente trattavasi di Teodosio, che era in grado di prevedere
l’ora esatta dell’apparizione in cielo della prima fase della luna crescente. Il vescovo accettò la
scommessa promettendogli un ricco premio nel caso in cui si fosse verificato quanto previsto,
pretendendo che si convertisse alla religione cristiana in caso di errore nella previsione formulata.
Ahima’az, forse a causa della giovane età e dell’entusiasmo posto nel dialogo col vescovo, incorse
in una banale svista, dalla quale era discesa una previsione leggermente errata; avvilito per
l’impegno preso cominciò a pregare col maggiore fervore possibile, presagendo che la sua
eccessiva presunzione lo avrebbe perso e fatto divenire un apostata, perché l’impegno assunto
era, per l’appunto, quello di convertirsi al cristianesimo, credo che, quale ardente ebreo,
avversava fermamente. La sua accorata preghiera fu accolta tant’è che la prima fase lunare
apparve nel giorno indicato, mentre in realtà aveva fatto capolino il giorno precedente;
verosimilmente la luna nuova non fu resa visibile per qualche bizzarria atmosferica che l’aveva
coperta. Il vescovo che aveva posto delle persone di sua fiducia per scrutare il cielo, sebbene
fosse convinto che Hananeel fosse incorso in un errore di previsione, volle ugualmente mantenere
la sua promessa, facendogli dono di un cavallo ed alcune centinaia di pezzi d’oro. Questa breve
digressione è molto significativa poiché da essa si deduce che il secondogenito di Ammittai era
particolarmente versato nello studio del cielo e dell’astronomia, disciplina non particolarmente
seguita, in genere, dagli ebrei suoi contemporanei. Un altro personaggio molto investigato da
Ahima’az è stato un certo Paltiel, suo lontano parente, vissuto ad Oria nell’anno 925, anno in cui
quella località fu espugnata e saccheggiata dai musulmani. Paltiel era un valente astrologo che
investigava continuamente il cielo al fine di poterne ricavare delle previsioni per il futuro. Fu
proprio questa sua capacità ad accreditarlo -benché asservito, presso i conquistatori arabi- come
grande astrologo che fondava le sue predizioni anche sulle conoscenze astronomiche. In età
avanzata, Paltiel avrebbe formulato delle previsioni astrologiche osservando il passaggio di tre
meteore alle quali, in linea con i dettami e le credenze dell’astrologia ebraica, avrebbe correlato la morte di tre re o dignitari. Confidò questa sua previsione al capo arabo, governatore di Oria,
presso cui era stato accreditato in ragione della sua sapienza, presente anch’egli al passaggio dei
tre bolidi celesti, e questi gli replicò che uno dei tre re dei quali aveva previsto la morte entro
l’anno si identificava nella sua persona, perché il ruolo rivestito ad Oria era equiparato a quello di
un sovrano. Paltiel, secondo studi sul saccheggio di Oria, sarebbe stato identificato in Musa ben
El’azar
, famoso medico ed anche astronomo dell’antichità, molto noto anche nel mondo arabo,
coevo con un altro medico, Shabbetai bar Abram, anch’egli residente ad Oria e rinomato sia come
astronomo che come scienziato. Interessante anche conoscere il motivo della premura posta da
Ahima’az nel completare la scrittura del “Libro delle discendenze”: secondo le sue previsioni
l’avvento dell’arrivo del Messia sarebbe dovuto avvenire nell’anno 1058 ( l’evento, secondo la
previsione giusta, si sarebbe dovuto verificare il 1054), in quanto per quella data voleva terminare
la cronaca dei suoi antenati. Invece, la sua fatica letteraria ebbe fine verso la metà dell’anno 1054.
Cosa dire a proposito di questo anno? Non ebbe luogo l’avvento del Messia, ma un evento
astronomico osservato, verso la metà del 1054, in più parti del mondo antico, ovvero la visione
della supernova nel Toro. Ahima’az, sebbene non abbia fatto riferimento alla supernova, scrisse di
essere stato testimone, in quel periodo, di un prodigioso evento astronomico, riferito proprio alla
costellazione in cui essa –la supernova- si materializzò. Sarebbe stato, quindi, uno dei primi ad
averla avvistata in Europa. Il “Libro delle discendenze” è particolarmente importante, in quanto
oltre a farci conoscere i personaggi più importanti del mondo ebraico nel primo millennio dopo
Cristo, legati in qualche modo al mondo degli antenati dell’autore, indirettamente ci ha svelato la
storia in generale degli ebrei, tra cui la loro distribuzione territoriale e la collocazione nel tessuto
sociale, nonché il loro livello culturale, sempre molto alto, anche tenuto conto che quella
popolazione, nell’analogo lungo periodo, era concentrata soprattutto nel sud della penisola
italiana. L’opera di Ahima’az è stato oggetto dell’esame di molti studiosi e finanche materia di tesi
di laurea, poiché il “Libro delle discendenze” viene considerato una preziosa fonte di informazioni
per lo studio della storia giudaica delle comunità vissute nel medioevo, nelle regioni del Sud Italia.
Si chiude questo articolo ricordando che dopo Ahima’az, a Capua, vissero (la comunità ebraica
rimase a Capua fino al 1540) oppure operarono altri ebrei che sono passati alla storia, come
Giovanni da Capua, vissuto nella seconda metà del XIII secolo, traduttore in latino di favole
indiane, che si convertì al cattolicesimo, Hillel ben Samuel da Verona, esperto di medicina e di
filosofia, presente a Capua nel medesimo periodo, che si ritiene essere stato conosciuto anche da
Dante Alighieri, che ne sarebbe rimasto influenzato, e Samuel ben Jacob, pure lui traduttore,
vissuto a Capua verso la fine del XIII secolo. Lo studio della figura di Ahima’az è stato
particolarmente interessante perché ci fa comprendere che la comunità di ebrei stanziale a Capua,
benché assommasse mediamente a malapena a qualche centinaia di unità, ha espresso nel
decorso dei secoli eminenti figure di studiosi; senza dimenticare che innumerevoli altri ebrei –
sempre in genere di elevata cultura, rispetto al contesto territoriale in cui vivevano- hanno
ricoperto importanti cariche pubbliche oppure sono stati dediti agli studi, al commercio
all’ingrosso ed all’artigianato di elevata qualità, facendo divenire la cittadina capuana anche un
significativo attrattore per altri eminenti studiosi di analoga origine, di passaggio per la via Appia.

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