RUBRICA: EVASIONE CULTURALE A CHILOMETRO ZERO E AD EURO UNO – Viviamo nella storia, nell’arte e nella bellezza: tutto è a portata di mano. Bisogna soltanto riscoprirlo perché tutto è già intorno a noi e fruibile a costo pressoché zero; il costo di un caffè.
Il baricentro della città di Capua è la bellissima Piazza dei Giudici: è uno dei luoghi più luminosi della città, anche nelle giornate più uggiose; il luogo più fresco pure nelle giornate più assolate; il luogo più caldo anche in quelle più fredde d’inverno, soltanto se un raggio di sole la riscalda. Insomma una sorta di magia sembra d’investirla, per cui tutti la percorrono quasi istintivamente anche quando potrebbero fare un percorso diverso per le proprie quotidiane faccende personali. Ci sono più categorie di capuani: quelli che ci passano per fermarsi brevemente e quelli che, invece, ci sostano per lunghi periodi di tempo. E’ proprio su quest’ultima categoria che intendo soffermarmi. In genere, si tratta delle persone che maggiormente seguono le vicissitudini politiche della città di Capua e che nel periodo della campagna elettorale alimentano i soliti capannelli per organizzare le consuete liste elettorali per riempirle di contenuto e, naturalmente, per individuare le persone più idonee per darvi concretezza. Nella Piazza dei Giudici, dunque, nella vigilia di ogni consultazione elettorale maturano i buoni propositi. Ogni partito politico ha il suo programma. Esaminandoli con attenzione, sono tutti interessanti e miranti al progresso della città e della popolazione. Non ho mai visto nella mia vita un programma poco stimolante o allettante: chi più chi meno ha di vista la moltiplicazione dei posti di lavoro, la pulizia della città, il recupero del patrimonio monumentale, compreso l’apertura al pubblico dei due castelli cittadini, previa loro effettiva restituzione alla città ed ai cittadini, la ristrutturazione delle scuole, la rivisitazione del piano della viabilità urbana, il ripristino del trasporto scolastico e del trasporto pubblico cittadino, con circolare transitante per la frazione di Sant’Angelo in Formis e per tutti i quartieri periferici, l’istituzione di mense scolastiche, di un nuovo ospedale, la ripavimentazione delle strade dissestate, la cura del verde, la promozione della riviera del Volturno, magari anche programmandone la possibile navigabilità, con annesso porticciolo turistico, un mirabolante piano ambientale, la riapertura della villa comunale, dopo la sua occorrente risistemazione, la bonifica dei fossati, con posizionamento di fioriere lungo l’affaccio su di essi, il taglio della vegetazione spontanea che disordinatamente incombe sugli storici bastioni, la previsione di centri per l’assistenza e la sussistenza degli anziani e dei soggetti fragili o incapienti, l’erogazione dell’acqua alle fontane monumentali cittadine, ormai mute da tempo, un canile per la cura, il soccorso e l’assistenza degli animali randagi o abbandonati, un sito dove smaltire direttamente e di persona gli ingombranti in breve tempo, anziché sottostare alla programmazione, anche a distanza di vari giorni, del loro conferimento, la raccolta dei rifiuti solidi urbani in maniera più efficace -strada per strada, condominio per condominio, casa per casa, porta a porta-, ecc., ecc. Quello indicato è ciò che spesso, sia pure per difetto, contengono i programmi elettorali sottoposti al vaglio del cittadino in occasione delle ricorrenti consultazioni elettorali. Ciò che cambia è il punto di vista e l’approccio col quale i singoli schieramenti politici si prefiggono di risolvere le criticità cittadine. Insomma tutti hanno dei buoni propositi. Una notissima personalità politica, scomparsa da qualche decennio, usava dire che di “buoni propositi sono lastricate la strade dell’inferno”, volendo con ciò intendere che tra il dire (i proponimenti) ed il fare (la traduzione in atti concreti) c’è di mezzo il mare. Ecco, per me, la Piazza dei Giudici è il luogo ove tutti quei proponimenti si affollano incessantemente alla vigilia delle competizioni elettorali salvo poi essere attuati soltanto in minima parte, con decadimentoprogressivo, nel contempo, di tutto il preesistente patrimonio cittadino. Se le buone intenzioni che hanno affollato la Piazza dei Giudici, nel corso del ventesimo ed in questo primo scorcio del ventunesimo secolo, si potessero idealmente colà ripresentare tutte insieme ne scaturirebbe una inarrestabile valanga di parole – soprattutto sotto forma di promesse di posti di lavoro, di indennità, di pensioni, di riconoscimenti di invalidità, di licenze, di riconoscimenti, di permessi, di assunzioni di impegni della più svariata natura, di giuramenti, ecc.- di dimensione superiore alla piena che ha investito, proprio in questi giorni, il vicino fiume Volturno. Ho fatto un esplicito riferimento al decorso secolo per significare che ho rinvenuto in alcuni giornali pubblicati nel 1913 e nel 1917 delle significative annotazioni sulla ingovernabilità della citta di Capua. Ne riporto alcuni passaggi, per lumeggiare le crisi di quegli anni: -Giornale “La Provincia”, Corriere dei Comuni di Terra di Lavoro, pubblicato a Cassino, del giorno 16 marzo 1913: Titolo dell’articolo <Capua fuori legge- un pubblico comizio>. “Non si tratta del comune di Roccacannuccia, ma della città più antica della nostra Provincia: si tratta di Capua, già emula di Roma. Il partito amministrativo, che venne al potere nel mese di luglio 1908 con un programma ricco di mille promesse, non solo non ne mantenne nessuna, ma dopo enormi sperperi e varie malversazioni, nel mese di marzo di questo anno, non potendo più oltre resistere alla crescente sollevazione del popolo capuano, dovette fuggire nel modo più miserevole e più vile. Il Consiglio Comunale, espressione genuina di quel partito, dovette dimettersi in massa. Il capo del partito, che da esso fu eletto, per la vergogna di Capua, deputato politico, avrebbe dovuto fare lo stesso, ma egli, responsabile più vero e maggiore, non posa più piede in Capua, ma non lasciò l’aureo medaglino. Venne perciò a Capua il Commissario prefettizio allo scopo di indire le elezioni amministrative per la ricostituzione del Consiglio Comunale …..”. -Giornale “Il Giornale di Capua”, politico, amministrativo, quindicinale, con Direzione, Amministrazione e Tipografia in Via e Palazzo Ettore Fieramosca, del giorno 6 maggio 1917: Titolo dell’articolo <Caos amministrativo>. “Ciò che succede al nostro Municipio è veramente sbalorditivo, strabiliante. L’anarchia regna, l’indecisione governa, mascherata e smascherata. Dimissioni a destra, commissari dall’altra, senza che le une siano mantenute almeno per coerenza e gli altri precisino la loro azione. Chi parla di gravi irregolarità assodate e da assodarsi, chi asserisce balordaggini che non vale la pena menzionare in cronaca, chi vede in quanto succede la mano potente di Tizio o di Caio ….. E’ vero <i si dice> non sono tutti infondati, ma è pur vero che Capua è assente da tutto ciò che succede: Capua, la vera Capua, quella che lavora, intendo, si disinteressa di quelle che sono ragioni vitalissime per la vita e l’incremento della città stessa. Qui sta, credo, il gravissimo torto dei Capuani. Vivere sempre come alla vigilia dell’elezioni è male: disinteressarsi della vita degli organi dirigenti è peggio. Nel mezzo sta la via giusta da seguire. ….. Capua attraversa un periodo delicato della sua millenaria esistenza; sparire come grande città o risorgere a prische vetustà, ecco il bivio”. Le problematiche di oltre un secolo fa sembrano le stesse di oggi: il tempo è, dunque, trascorso invano. Cerco di immaginare i giornalisti di quel tempo, di cui purtroppo si sconosce l’identità, per non essersi firmati, che frequentavano il Municipio di Capua e che annotavano puntigliosamente le diatribe dei contrapposti schieramenti politici, per integrarle subito dopo con le critiche, i pettegolezzi ed i punti di vista dei personaggi di spicco che allora, come oggi, affollavano l’antistante Piazza dei Giudici. Chiudo questa breve riflessione sulla politica capuana con la domanda che si pose il giornalista che scrisse l’articolo “Caos Amministrativo” di Capua, in quanto, benché redatto nel 1917, ovvero 104 anni fa, dimostra tuttora la sua fresca attualità: “Quali sono le ragioni remote e palesi dell’indifferenza cittadina per i problemi che la riguardano più da vicino? Indicare i mezzi atti a far risorgere nell’animo di tutti il sentimento di orgoglio civico e ad ottenere interessamento amorevole e energico per tutto ciò che riguarda l’avvenire della città. ….. Quali sono i problemi che più urge risolvere?”. Speriamo in un futuro migliore, connotato più dal fare che dal dire, perché persistendo nel trend dell’ultimo secolo, fatto di polemiche e di battibecchi, anziché di costruttivi confronti, non possiamo porre le basi per un generale salto in avanti; altrimenti procederemo all’indietro, come il gambero, riempiendoci la bocca di progetti che non prenderanno mai corpo.