CAPUA – A Capua, in via Gran Maestrato di S. Lazzaro, infisso nella base di un edificio di
vecchia costruzione, a livello stradale, prospetta un’antica scultura, verosimilmente
la protome di una chiave d’arco, poco nota finanche ai capuani che spessissimo ci
transitano davanti in auto. La spiegazione di questa scarsa conoscenza dei tesori che
la città di Capua custodisce è da ricondursi alla circostanza che la via Gran
Maestrato di S. Lazzaro è un’arteria periferica di semplice transito veicolare, poco
frequentata dai pedoni. Il reperto in questione è noto soltanto ai residenti di quel
luogo e neanche di tutti per aver constatato che una persona acculturata,
interpellata al riguardo, circa la provenienza di quel reperto e di chi lo avesse colà
collocato, sebbene vivesse nel vicolo parallelo alla strada in questione, distante
soltanto alcune decine di metri, gli compartecipava di sconoscerne l’esistenza. E
stupito di quella notizia, richiedeva di visionarla, meravigliandosi di non aver mai
notato il reperto che gli era stato mostrato in foto. L’impiego massivo delle auto per
la circolazione stradale, anche per tratti non eccessivamente lunghi, ci ha resi più
distratti circa la conoscenza dei luoghi anche più prossimi, che nei tempi andati
venivano percorsi a piedi e, quindi, in condizioni più favorevoli per cogliere delle
particolarità, presenti lungo il tragitto, come un bel palazzo, un portone di buona
fattura, un giardino molto curato o abbandonato, oppure un’antichissima protome,
come nel caso in questione. E’ anche possibile che le centinaia di reperti archeologici
infissi nei palazzi più vetusti di Capua, proprio per la loro abbondanza, non suscitino
un particolare interesse nella popolazione stanziale.
Torniamo a parlare di questa grossa testa (nell’immagine a lato) che presenta una vistosa sbrecciatura sulla fronte, al lato sinistro, per chi l’osserva. A seguito di un primo esame, anche da parte di un profano, poiché la Capua (nuova) è stata costruita con gran parte del materiale lapideo proveniente dall’antica Capua (S. Maria C. V.), si potrebbe pensare che il reperto di Via Gran Maestrato di S. Lazzaro, possa avere anch’esso un’analoga scaturigine. Questa
deduzione potrebbe essere indotta anche dalla dimensione della testa che è quasi
uguale alle notissime protomi (N.6 sculture romane di età imperiale: Giove <?>,
Medusa, Diana <?>, Mercurio, testa maschile di indeterminata denominazione,
Sileno) infisse sul Palazzo del Governatore, oggi sede del Palazzo Municipale, lato che si affaccia su Piazza dei Giudici, probabilmente chiavi d’arco degli ambulacri
dell’Anfiteatro dell’antica Capua. Le protomi in questione, di circa 60 cm. di base e
70/80 cm. di altezza, assomigliano molto a quella di via Gran Maestrato di S. Lazzaro
quanto a dimensione. C’è, però, qualche particolare che distingue quelle del centro cittadino da quella della periferia: le prime presentano, sul retro della testa, una evidente modanatura, nella quale si intravede la cosiddetta chiave di volta, vera funzione assolta da quei resti archeologici, mentre quella di cui si parla non appalesa alcunché, a meno che, al tempo in cui è stata infissa nel muro, non sia stato
accuratamente occultato nel terreno il relativo basamento (la testa appare, infatti,
appoggiata a livello stradale) e l’eventuale modanatura, retrostante alla testa,
coperta dall’intonaco che la contorna. Giulio Pane e Angerio Filangieri, autori
dell’imponente ed esaustiva opera “Capua, architettura e arte. Catalogo delle
opere”, in due volumi, che tutti i capuani dovrebbero possedere per conoscere
davvero la storia ed i tesori della propria città, argomentano che “Mentre le
dimensioni della testa inducono ad assimilarla alle altre protomi provenienti dalle
strutture dell’anfiteatro capuano (e specialmente a quelle raccolte sulla facciata del
Palazzo del Governatore), la configurazione arcaica della scultura, con lieve sorriso
eginetico e l’accenno ad una capigliatura di tipo ellenistico ne suggerisce una
datazione più antica di almeno alcuni secoli (IV-III secolo a. C.)”. Chi scrive, invece,
ha colto nella protome di via Gran Maestrato di San Lazzaro qualcosa di indefinito,
che sa, nel contempo, di suggestivo e di enigmatico. Soltanto una volta si è visto un
essere vivente familiarizzare con essa: alcuni decenni orsono, un cane randagio,
durante tutta la canicola estiva, soleva accucciarsi in prossimità di quella testa,
affiorante dal suolo, quasi a voler cercare conforto in un essere umano, ravvisato
forse in quelle criptiche fattezze, in cui il Pane ed il Filangieri immaginarono di
vedere un sorriso eginetico, ovvero con espressione attonita, tratto caratterizzante
le statue della scuola greca di Egina, del VI e V secolo a. C.. Quel reperto è pressoché
ignorato in una strada di periferia, mentre meriterebbe una dignitosa collocazione
nel Museo Campano di Capua. Le foto a corredo dell’articolo mostrano la strada dove si trova il reperto, ripreso in varie stagioni dell’anno, ed il suo stato di conservazione.