Viviamo nella storia, nell’arte e nella bellezza: tutto è a portata di mano. Bisogna soltanto riscoprirlo perché tutto è già intorno a noi e fruibile a costo pressoché zero; il costo di un caffè
QUALCHE RIFLESSIONE SULLA DESERTIFICAZIONE DEL CENTRO STORICO DI CAPUA.
Negli ultimi decenni il centro storico di Capua appare sempre più desertificato. Mi sono sempre domandato da che cosa possa essere dipesa questa minore frequentazione del Corso Appio e della magnifica Piazza dei Giudici. Eppure la popolazione capuana, salvo qualche non influente variazione demografica, è rimasta pressoché la stessa. Allora cosa è successo? Sono forse cambiate le abitudini dei capuani oppure ha inciso qualche altro fattore nella determinazione di quel cambiamento?
La mia domanda mi ha portato a riflettere su di un lunghissimo sedile di pietra, avente la forma di un emiciclo adagiato alla parete del retro del portale di Porta Napoli, interrotto per alcuni metri soltanto all’altezza dell’arco. Quel lungo sedile di pietra è così ben integrato col portale di Porta Napoli da sembrare quasi assorbito da esso, anzi scomparendo del tutto nella sua grandiosità.
Il sedile di pietra, come detto, trovasi unito alla parete posteriore del Portale, per intenderci su quella che si affaccia sullo slargo compreso tra il Portale stesso, via Ferdinando Palasciano e la facciata laterale del Teatro Ricciardi.
Quel manufatto era finalizzato a dare comodo riposo ai numerosi viaggiatori che colà sostavano in attesa dei mezzi di trasporto; prima erano le carrozze ippotrainate e successivamente i veicoli a motore. Quanta umanità si è trattenuta in quel luogo, accomodandosi su quei lunghi sedili di pietra. Ripenso a quel luogo, allorché transitavo spesso per il portale di Porta Napoli, provenendo dal viale Ferrovia. C’era sempre tanta gente in attesa di prendere un autobus oppure una coincidenza per gli altri paesi. Non dimentichiamoci che la città di Capua, anche nei secoli passati, ha rappresentato sempre un centro importante, grazie alla via Appia che, attraversandola da Nord a Sud, l’ha fatta divenire un punto di riferimento universalmente conosciuto e, quindi, di passaggio obbligato. Capua è riportata in tutta la cartografia antica e per la nostra città sono transitati papi, imperatori e re e grandi scrittori e musicisti, quali –soltanto per ricordarne qualcuno- Goethe e Mozart. Per il Corso Appio, il ponte e lo slargo di Porta Napoli sono transitati pure eserciti, per ultimo quello tedesco e poi quello americano.
Nello slargo di Porta Napoli è contenuta, più che altrove, la memoria storica di quanti vi sono transitati. Fino a circa quaranta anni fa, ponendosi alle spalle la facciata laterale del teatro Ricciardi, si aveva modo di vedere, sul lato sinistro del maestoso portale, un caratteristico chiosco di acquafrescaio che vendeva semplicemente acqua fresca: acqua aromatizzata col limone oppure spremute di arancia. E già dai primi decenni del decorso secolo, i viaggiatori potevano intrattenersi pure nel caffè adiacente al teatro Ricciardi. Anche a Napoli, nella speculare Porta Capuana, nello stesso periodo, era attivo il chiosco dell’acquafrescaio, evidentemente punto di riconosciuto e condiviso ristoro per i viaggiatori di quel tempo, dai bisogni alimentari minimali.
Nel corso degli anni, si è assistiti –la cosa retrodata a diversi decenni orsono- alla scomparsa dell’acquafrescaio, chissà se per decisione del titolare o a seguito di un intervento delle autorità che non ritenevano compatibile la struttura del chiosco con l’autorevolezza monumentale del luogo. La decisione non ebbe rilevanti riflessi perché, nel frattempo, erano stati aperti altri bar e, pertanto, i viaggiatori potevano intrattenersi nei nuovi esercizi pubblici. I due sedili di granito, posti come un ideale emiciclo ai lati dell’ingresso del portale, continuavano ad assolvere alla loro antica funzione, per quanti solevano attendere, sulla fermata, ma da seduti, volendolo, gli autobus in transito o in partenza, perché lo slargo di Porta Napoli era anche il capolinea per tutte le altre località.
Cosa è, infine, accaduto per incidere profondamente ed anche visivamente sul profilo di quello spazio? Apparentemente nulla di importante. Invece tutt’altro. Per motivi, presumo di viabilità, il capolinea dei mezzi pubblici è stato spostato più a sud, di qualche centinaio di metri, nello spiazzo antistante l’attuale area mercatale. La diversa ubicazione del capolinea ha comportato conseguenzialmente anche la modifica del percorso dei mezzi pubblici, che da qualche tempo non transitano più per Porta Napoli, impegnando la Via F. Palasciano, ma percorrendo, al suo posto, la via G. C. Falco, via R. Mariani e via Napoli. Si potrebbe pensare che lo spostamento di un capolinea sia ininfluente sulla realtà circostante. Ma non è così, poiché gradualmente Porta Napoli si è completamente svuotata di gente, a vantaggio di un’area cittadina più periferica, dove mancano esercizi pubblici ove consentire all’utenza in transito di trattenersi e, all’occorrenza, di potersi rifocillare. In quel sito mancano anche le occasioni per fare acquisti nelle boutique; in precedenza, quanti avevano tempo a disposizione per attendere la coincidenza con altre linee di trasporto, potevano fare una capatina veloce negli esercizi cittadini, per fare acquisti, possibilità quest’ultima non più agevolmente praticabile dal nuovo capolinea.
Vi è ancora da dire che tutti gli studenti, durante il periodo scolastico, allorché era attivo il vecchio capolinea, usavano sciamare per il corso Appio, prima e dopo l’orario delle lezioni, compatibilmente con gli orari di transito degli autobus che li portavano nella nostra città. Infine, è da aggiungere che l’aver spostato la fermata dei bus dalla via F. Palasciano (nei pressi dell’attuale parcheggio coperto, antistante il locale comando Compagnia Carabinieri) alla via G. C. Falco, all’altezza dell’ingresso del liceo scientifico S. Pizzi, ha completamente dissuaso gli studenti a gironzolare per diletto per il corso Appio, sia per la naturale voglia di evasione che per eventuali acquisti.
Un tempo, la via Corte della Bagliva era sempre affollato di studenti, siccome la fermata dei bus era prossima a quell’arteria che mette in comunicazione col viciniore Corso Appio.
Lo spostamento di un capolinea e di una fermata ha contribuito alla desertificazione del centro cittadino. Naturalmente anche la chiusura dell’Ospedale civile ha contribuito a dare una mano nella medesima direzione. Ha, infine, dato il colpo di grazia allo svuotamento della città di Capua il processo di urbanizzazione innestatosi negli anni sessanta e settanta del decorso secolo, con la costruzione di innumerevoli quartieri satelliti distanti dal centro urbano. Con quel processo di urbanizzazione nelle periferie è stato sottratto terreno prezioso all’agricoltura e, nel contempo, si è finito con lo spingere quanti domiciliano nei sobborghi ad allontanarsi sempre più spesso dal centro cittadino, sia per motivi di svago che di acquisti, potendo usufruire dei parcheggi gratuiti dei supermercati.
Il succo della riflessione rassegnata: se non avessimo fatto niente, forse, sarebbe stato meglio per tutti. Non adottando modifiche sulle linee di trasporto urbano, ci saremmo conservati tutti i viaggiatori transitanti per Capua più in prossimità del centro urbano. Se non ci fosse stato consentito di edificare a dismisura nelle periferie, saremmo stati costretti a fare manutenzione agli innumerevoli palazzi storici e monumentali del centro urbano, alcuni divenuti vuoti simulacri della bellezza passata, conservandoci pure la relativa popolazione, emigrata purtroppo altrove, con pregiudizio per le attività commerciali cittadine.
A furia di spostare e delocalizzare tutto in periferia, compresa l’area mercatale, in nome di un’organizzazione più razionale della viabilità e dell’assetto urbano, abbiamo abbandonato al suo destino il centro storico e quanti vi svolgevano e vi svolgono tuttora un’attività commerciale. Non a caso le uniche aree redditizie del territorio capuano sono quelle che si sviluppano in periferia, soprattutto lungo la via Appia, sia a Porta Roma che dal quadrivio denominato Caputo, in direzione del centro sammaritano, cioè a nord e a sud del centro urbano.
Quanto è avvenuto a Capua è un po’ ciò che è capitato nella maggior parte d’Italia: sono state create, senza volerlo, le condizioni ideali per favorire lo spopolamento dei centri urbani delle città e, scompaginando senza criterio e lungimiranza le carte in tavola, sono stati definitivamente compromessi assetti demografici, commerciali e sociali consolidati da tempo, spesso senza sensibile vantaggio di alcuno, per ironia della sorte.