PRIMA PARTE
IL CULTO DI SAN LAZZARO A CAPUA
Capua – Per ricostruire la storia della Chiesa di San Lazzaro e dell’annesso Ospedale ci soccorre un
testo pubblicato a Napoli, in data 10 maggio 1762, a cura del sacerdote Domenico Jannotta, dal
titolo “Notizie storiche della chiesa, e spedale di San Lazzaro di Capua”. Il reverendo Jannotta fu
indotto a indagare sulle loro origini in quanto le documentazioni che li riguardavano apparivano
disordinate ed insufficienti. Così l’autore del testo si esprimeva al riguardo: ”E veramente era
troppo il torto e l’onta, che alla lei dignità faceasi, non curando le glorie sue, e lasciando disperse
per varie bisunte antichissime carte le sue belle memorie, senzachè fossero riunite e disposte, e
così date alla luce in miglior forma ed aspetto”. Attualmente l’ospedale citato nel libro non esiste
più da tempo, mentre il culto di San Lazzaro celebrato in quella chiesa si è molto ridimensionato.
La fiera, invece, nella sua espressione più grandiosa è venuta meno da circa mezzo secolo. E a
circa mezzo secolo addietro risale pure il furto della statua di San Lazzaro.
Lo Jannotta, per evidenziare l’importanza di quel complesso religioso puntualizzava che
”conveniva bene di rendere informati con libro ….. tanti e sì varj curioli di voti, che da parti anche
lontane in ogni tempo dell’anno, e distintamente nel giorno della solenne festa, vi capitano in
numero poco men, che incredibile”. Nel descrivere la chiesa, ne sottolineava, però, la limitata
estensione e grandezza, sottolineandone le prestigiose origini, restringendo “le ….. notizie ad una
picciola Chiesa col suo quasi rustico ristretto, che appunto è la chiesa sotto Spedale di San Lazzaro,
non molti passi lontana dalla Città di Capua”. Eppure, nonostante la modestia della struttura,
quella chiesa divenne fin da subito uno straordinario attrattore religioso per “essere stato questo
sacro ed antico luogo, Capo e regolatore di un Ordine militare assai cospicuo, dotato di spirituali e
temporali privilegi, frequentato da nobili, e popolari e famoso infine per gli tanti e sì vari benefizi
rilevanti, che il pubblico ne ottenne, e tuttavia n’ottiene, sotto il culto e la comune invocazione
dei due prodigiosi Lazzari, del Risuscitato cioè, e del Mendico; non sembrerà certamente il
soggetto misero e vile, e poco importerà che sia tutto ciò contenuto in poche mura, in povera
abitazione, e tra i brievi ristretti limiti d’una picciola Chiesa”.
La breve premessa, svolta per introdurre la storia della chiesa di San Lazzaro e del relativo
Ospedale, ha un valore strumentale per la comprensione del processo di evoluzione, prima, e di
involuzione, poi, a cui andarono incontro quelle prestigiose istituzioni. Oggi, al centro della
campagna capuana, poco distante dal centro storico, si nota una piccola semplice chiesa, il cui
interno appare abbastanza spoglio di arredi sacri e di ex voto. In quel luogo sacro, nell’ultimo scorcio del decorso secolo, non vennero neanche celebrati i consueti riti religiosi, che sono stati
ripristinati soltanto da qualche decennio. Eppure intorno a quella chiesa di campagna, circondata
da frutteti, per alcuni secoli si sviluppò il culto di San Lazzaro.
Lo Jannotta, nella sua opera, ha spiegato che “la chiesa collo Spedale del glorioso S. Lazzaro
della fedelissima città Capua fu fondata da un certo Lazzaro di Raimo gentiluomo della stessa Città,
nell’anno del Signore 1228”. Il fondatore della Chiesa e dell’Ospedale, in sede di consacrazione, vi
istituì anche degli amministratori, dotandoli delle necessarie rendite e dotazioni economiche, allo
scopo di assicurare loro il necessario lustro e decoro. Che il complesso religioso fosse stato
consacrato è deducibile da un fatto di sangue avvenuto alcuni secoli dopo la sua fondazione.
Infatti, il primo marzo dell’anno 1768, nei pressi della chiesa ebbe luogo un violento litigio fra due
uomini; uno dei due vistosi sopraffatto, si rifugiò nella vicina chiesa, confidando nella sacralità del
luogo. Il contendente, però, non si fece scrupolo di accedere nella chiesa per tentare di eliminare il
suo avversario, il quale, nella circostanza, afferrato un grosso sasso, lo lanciò all’indirizzo del suo
inseguitore che fu attinto alla fronte da cui fuoriuscì un copioso flusso di sangue. In relazione al
grave fatto di sangue, ritenuta ormai macchiata la chiesa da un fatto sacrilego, l’Arcivescovo
Monsignore D. Muzio Gaeta provvide, con somma urgenza, alla sua riconsacrazione il giorno sei
dello stesso mese ed anno. Dall’atto notarile del 1228, si ricavano anche le coordinate geografiche
della chiesa e dell’ospedale, in quanto risulta trascritto che ”la chiesa di S. Lazzaro trovasi circa un
terzo di miglio staccata dalla città (di Capua) e lungo la pubblica strada (la via Appia), che dritto
mena al casale di Santa Maria Maggiore (l’attuale comune di Santa Maria C. V.). Il notaio annotava
finanche la posizione dell’entrata principale che indicava orientata verso settentrione. Dalla lettura
dell’atto notarile si ricava, altresì, che la chiesa è rimasta pressoché inalterata nel susseguirsi dei
secoli, in quanto risulta essere sempre ubicata (più volte ristrutturata e finanche riedificata a
seguito del suo abbattimento, per opera delle truppe del generale francese Championnet) nel
medesimo luogo. Dalla scrittura notarile si ricava, altresì, che la chiesa presentava una entrata
preceduta da “un picciol vestibulo sostenuto da quattro colonne, due di marmo” e le altre due
costruite da abili artigiani tanto da sembrare anch’esse di marmo. La lettura dello strumento
notarile è di particolare importanza poiché in esso viene precisato che la “pubblica via”, cioè la via
Appia, “avanti la chiesa forma un’aja ben capace e grande”. L’inciso riportato appare di poco
rilievo ad una lettura superficiale, mentre da un esame più approfondito ricaviamo che la via Appia
non scorreva lungo la direttrice attuale, ma proprio davanti (o a fianco) alla chiesa, come recenti
studi hanno conclusivamente accertato, per poi ricongiungersi col vecchio tracciato all’altezza
dell’attuale carcere militare di Santa Maria C. V.. Di fianco all’area indicata, per
l’approvvigionamento dell’acqua potabile fu scavato un pozzo “d’ineffabile vena” che
somministrava “ad ogni uopo acque copiose”. Nella medesima area, situata nei pressi della chiesa,
era stato allestito uno spazio verde a mezzo di alberi frondosi che “negli estivi calori rompa i
cocenti raggi del sole con ombra dilettevole e grata”. Il perché della presenza di un pozzo e di una
zona piantumata a verde aveva una spiegazione logica, in quanto sul retro della chiesa era stato
allestito un ospedale destinato a dare soccorso agli ammalati di lebbra (con la scomparsa di questa
patologia l’ospedale accoglieva ammalati vari) e, pertanto, c’era bisogno di molta acqua per le necessità dei degenti e per l’igiene dei luoghi, nonché di un’area ombrosa e salubre destinata alle
esigenze salutistiche degli ammalati.
FINE PRIMA PARTE