Una epigrafe collocata molto in alto sulla parete esterna del dismesso complesso ospedaliero Palasciano di Capua ci ricorda che la nostra città, in un passato neanche tanto lontano, era un importante riferimento territoriale per l’assistenza alle donne che versavano in disagiate condizioni, nonché agli orfani. La scritta è poco nota, oltre per la circostanza di essere poco leggibile dalla via Palasciano, anche per essere stata scritta in latino. La poco agevole lettura ne ha ormai sbiadito il ricordo nella coscienza collettiva. Il testo dell’epigrafe è il seguente: “Quod olim brephotrophium nunc adolelescentularum pudicitiae miseriae ex hominum infirmitate sobolis perfugium ne mulierium cultus temporibus congruentior desideraretur morum institutis vitaeque commoditatum cumulo decurum novem a charitate viri intrinsecus atque extrinsecus renovandum curarunt Anno MDCCCLXV”. Dalle foto a corredo del presente articolo si può notare che col passare del tempo qualche carattere è venuto meno e qualcun’altro è di poco agevole lettura. Nonostante le difficoltà, i nostri amici -dott. Salvatore Landolfi e professore Gennaro Sacco- hanno proceduto alla traduzione dell’anzidetta epigrafe, della quale, di seguito, si riporta il relativo testo: “Quello che un tempo era un brefotrofio, ora è rifugio di pudicizie e sventure di giovinette e di prole colpite di infiniti dolori. Affinché non fosse rimpianto il rispetto alquanto ossequioso dovuto alle donne nel corso dei tempi, secondo le norme dettate dai costumi aviti; e il gran numero di privilegi di una vita virtuosa, nove uomini, spinti da carità, dall’interno e dall’esterno, fecero in modo che tale rispetto fosse rinnovato. Anno 1865”. Dal contenuto dell’epigrafe apprendiamo come fosse tenuta in alta considerazione il ruolo della donna e della relativa prole. In quel luogo, nel complesso dell’Annunziata, già era sussistente un brefotrofio, ma si volle ampliare il discorso dell’assistenza allargandolo anche alle donne, soprattutto alle madri, in condizioni di disagio. Nove uomini, sicuramente i notabili di Capua e dei paesi limitrofi vollero, con un atto di generosità, dare una risposta concreta ai bisogni sociali della parte più debole della locale popolazione. Un anziano uomo, fino a circa una trentina di anni addietro, ricordava di esservi stato ospite nella seconda decade del decorso secolo, ovvero negli anni a cavallo della prima guerra mondiale, siccome il padre era in guerra sul fronte alpino e la propria madre era deceduta in giovanissima età. Rammentava di aver mosso i primi passi affidato a due premurose “vecchiette”, ricche di materne attenzioni, che lo facevano sgambettare all’interno del chiostro dell’Annunziata; sì proprio nello spazio attualmente adibito ai momenti di evasione e di svago dei capuani. Quelle “vecchiette” vivevano evidentemente pressoché in amorevole simbiosi con le giovani vite degli orfani e dei minori temporaneamente affidati alle cure di quell’ente di assistenza. Dai ricordi di quell’anziano deduciamo che nella prima parte del decorso secolo, nel complesso dell’Annunziata, ove era allogato anche l’ospedale, era operativo sia un ospizio femminile che un brefotrofio. L’ospizio, con affaccio sul corso Appio, ha visto la propria fine negli anni settanta del secolo passato, mentre si ignorano le vicissitudini del brefotrofio, del quale si ignorano le vicissitudini e la definitiva chiusura. Abbiamo voluto ricordare quell’epigrafe per richiamare alla memoria dei capuani la grandezza di un tempo della nostra cittadina che in un unico complesso – per l’appunto quello dell’Annunziata- riusciva a dare ospitalità agli anziani abbisognevoli di assistenza, agli orfani ed ai bimbi abbandonati e a soccorrere, nel contempo, quanti avevano necessità di cure mediche e relativi interventi chirurgici. Di tutto ciò non resta più niente: solo il ricordo, cristallizzato in quella epigrafe, dell’iniziativa di nove uomini che vollero lasciare un segno tangibile del loro altruismo, senza, però, far conoscere propri nomi, in linea con il messaggio evangelico che vuole che si faccia del bene senza menar vanto per se stessi.