Capua. Un prodotto agricolo, appartenente alla tradizione agroalimentare di una comunità, può trainare la valorizzazione di un territorio? Certo che sì. Ci vogliono passione, ma soprattutto iniziativa e competenze. Se ne è parlato, stamane, nella splendida sede del Dipartimento di Economia dell’Università “Luigi Vanvitelli” di Capua nel corso di un convegno dal titolo “Sao ko Kelle terre”, promosso dallo stesso Dipartimento in partenariato con Architempo, nell’ambito di “Capua il luogo della Lingua festival”, sotto l’egida del “Patto per la Lettura di Capua Città che Legge”. Il carciofo “capuanella” e il melone rognoso, nell’ambito della tutela dei prodotti tipici locali, sono stati i protagonisti degli interessanti interventi dei relatori, moderati dalla giornalista Mariamichela Formisano, ognuno dei quali ha fornito un contributo importante per lo sviluppo sociale ed imprenditoriale della filiera agroalimentare e del comparto agricolo. “Il focus di questo incontro – ha evidenziato la professoressa Maria Antonia Ciocia, Direttore del Dipartimento di Economia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli” – è la valorizzazione della terra come risorsa. Gli ultimi eventi infausti che ci stanno colpendo a livello globale hanno evidenziato come la terra possa avere una importanza fondamentale. Abbiamo dovuto rinunciare a forniture di materie prime agricole e ci siamo trovati impreparati in un momento storico particolarmente critico”. Il direttore ha pertanto fornito degli spunti molto interessanti sul tema della riqualificazione del territorio mediante lo sviluppo del settore agricolo, illustrando anche recenti interventi istituzionali che sono stati adottati in tal senso. “Il 25 febbraio – ha poi aggiunto la professoressa Ciocia – è stato firmato un protocollo di intesa tra l’Anci Campania e l’Assessorato all’Agricoltura della regione Campania per la creazione di una banca dati delle terre abbandonate ed incolte. Questa intesa, prevista da un piano di supporto istituzionale, prevede che i Comuni della Campania effettuino un censimento dei beni del proprio patrimonio con relativa indicazione dei fondi in stato di abbandono, al fine di concederli in gestione ai giovani di un’età compresa tra i 18 e i 40 anni tramite bandi pubblici. In sostanza, viene creato un inventario di terreni che deve determinare l’attuazione del razionale sfruttamento del suolo e l’integrazione del Mezzogiorno nel resto di Italia, anche in ragione dei nuovi fabbisogni legati alle materie prime”. La conoscenza dei prodotti tipici locali, come i carciofi “capuanella” e i meloni rognosi, non può ovviamente prescindere dall’utilizzo dei marchi per la loro precisa caratterizzazione. “I marchi – ha poi concluso il direttore del Dipartimento di Economia di Capua Maria Antonia Ciocia – sono destinati ad avere un’importanza sempre maggiore, per differenziare i prodotti agroalimentari e conferire ad essi un valore in più, anche per la qualità insita alla loro coltivazione. Il marchio è un elemento che si pone assolutamente al centro di una strategia di comunicazione dell’impresa, grazie ai caratteri e ai segni distintivi del Made in Italy. In questo contesto, il marchio biologico europeo si aggiunge a quelli già esistenti e vuole connotare la componente naturale e biologica del prodotto agroalimentare. Dall’11 aprile di quest’anno, anche l’Italia avrà un proprio marchio istituzionale, rilasciato dal Ministero delle Politiche Agricole, che contraddistinguerà i prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana. Il marchio biologico non è però l’ultima frontiera. Con il Dipartimento da me diretto, studiamo l’economia circolare che si contrappone a quella lineare. È un’economia che non vuole il rifiuto, che si fonda su produzione, consumo, riutilizzo e riciclo. Questo è un discorso che deve essere ancora connotato con un marchio e che è un elemento che più degli altri assicura la sostenibilità”. La riscoperta e la riqualificazione delle tradizioni agricole, a partire dalle coltivazioni di prodotti di eccellenza, può senz’altro costituire un volano per l’imprenditoria locale che vuole investire sul territorio. Loredana Affinito, referente di Fidapa, in riferimento ai carciofi “capuanella” e al melone rognoso, ha sottolineato come sia “importante continuare a parlare di questi prodotti soprattutto tra i giovani perché ci vogliono tante persone per creare un consorzio IGP e renderlo operativo, grazie alla collaborazione del Dipartimento di Economia. La dottoressa Paola Grimaldi, ricercatrice di Diritto Privato dello stesso Dipartimento, ha invece relazionato sulla normativa a tutela della filiera agroalimentare nell’economia circolare. “L’obiettivo del sistema agroalimentare – ha evidenziato la dottoressa Grimaldi – deve essere quello di coniugare la tutela dell’ambiente con un modello di sviluppo capace di creare valore attraverso la green economy. Il successo “green” dell’agroalimentare è stato dato dalla diffusione della cultura delle filiere. Occorre riqualificare, valorizzare e riutilizzare gli scarti alimentari per ricavare nuova ricchezza e ridurre l’impatto ambientale, andando anche a risolvere il problema dello spreco alimentare”.Sulla stessa linea, anche la professoressa Barbara Masiello, professoressa di Marketing dell’Universita’ Vanvitelli che ha rimarcato come “i prodotti tipici debbano essere tutelati, salvaguardati, tramandati, in quanto patrimonio intangibile che consolida una comunità”. Molto interessanti anche gli interventi del dott. Mario Ossorio, ricercatore in Economia e Gestione delle Imprese, che ha parlato di “prodotti tipici e turismo enogastronomico”, e della dottoressa Rosa Pepe, referente del CREA di Pontecagnano, che ha illustrato i dettagli del progetto ABC relativo alla “capuanella” olivastra e nera. Al termine del convegno, al di là delle degustazioni delle due ricette di melone rognoso coordinate dall’Ais di Caserta, prodotte dalla distilleria Petrone per conto dell’imprenditore Gaetano Bellofatto, sono state raccolte anche manifestazioni di interesse per l’acquisto dei carducci del carciofo “capuanella” presso il consorzio Meristema.