CAPUA – Il valore di un bene è da sempre correlato alla sua rarità. Quando esso è abbondante il valore
scema di parecchio, tanto da divenire pressoché nullo nel caso in cui è diffuso ovunque o è
apprensibile da tutti senza alcuno sforzo, sacrificio o costo. Lo stesso meccanismo possiamo
estenderlo ai beni archeologici, monumentali, artistici e a quelli dell’architettura civile, militare e
religiosa che in Italia sono particolarmente copiosi. Il centro storico di Capua è un vero tesoro di
opere d’arte. E l’abbondanza gioca brutti scherzi, tanto che i suoi cittadini non riescono a
percepirne appieno il suo immenso valore. Il bastione, ove è allogata la villa comunale (ed i relativi
percorsi sotterranei adducenti ai fossati, anch’essi d’interesse artistico/monumentale), retrodatante al XVI secolo (con i successivi rimaneggiamenti dei secoli successivi), il Castello delle Pietre retrodatante all’XI secolo, il Castello di Carlo V, risalente al XVI secolo, la cisterna Tortelli, risalente al XVI secolo, solo per citare alcuni beni monumentali, sono chiusi oppure inaccessibili al pubblico, per le più svariate ragioni. Soltanto una città che è essa stessa un’opera d’arte, si può permettere il lusso di tenere sotto chiave beni di incommensurabile bellezza e valore. Orbene, tanta abbondanza rende i cittadini poco attenti. Adesso spieghiamo il perché di questa premessa. I capuani nati prima degli anni sessanta del decorso secolo, se sono stati attenti cittadini, ricorderanno che gli ultimi busti di marmo che adornavano il lato perimetrale della villa comunale, che si apre sulla via Palasciano, ovvero sul lato antistante il vecchio omonimo Ospedale, furono sottratti negli anni della loro infanzia, salvo uno tuttora parzialmente sussistente. I capuani più giovani non li hanno mai visti se non nelle rare cartoline d’epoca.
Anche ai capuani più anziani, però, è sfuggito qualcosa che adornava la Porta Nugent, per intenderci quella contrapposta al
portale di Porta Napoli; quest’ultimo, installato in precedenza sulla direttrice sud-est della
fortificazione, fu colà rimontato nel 1831. Orbene, chi ha avuto la ventura di leggere la pregevole e
voluminosa opera “Capua, architettura e arte. Catalogo delle opere”, in due volumi, di Giulio Pane e Angerio Filangieri, avrà letto, a proposito della “Porta Nugent – Scorcio dell’esedra verso largo di Porta Napoli –“ la seguente frase: “Una serie di busti, di cui uno solo rimane in sito, ornava il parapetto della terrazza superiore”. L’asserzione, contenuta nel testo, secondo la quale all’epoca della sua pubblicazione –anno 1990 e 1994- era visibile in sito l’ultimo busto della serie che adornava la citata esedra della Porta Nugent, è supportata da una fotografia a commento di quanto in esso illustrato.
Quanti hanno letto l’opera del Pane/Filangieri non ricordano di averla mai vista. Siccome esiste una prova fotografica è possibile che il busto in questione, proprio perché collocato in alto sul basamento dell’esedra, sia sfuggito all’attenzione di quanti siano transitati sotto i fornici del suddetta porta, ovvero a quella contrapposta al Portale di Porta Napoli.
E’, altresì, possibile un’altra ipotesi e che cioè, stante l’abbondanza di opere d’arte, la sua assenza
sia stata definitivamente rimossa dalla memoria collettiva dei cittadini. Il confronto tra la foto
contenuta nel testo in menzione e le foto, scattate nell’attualità, a corredo di questo articolo
documenta che effettivamente il parapetto della terrazza superiore della Porta Nugent era
adornato da busti, di cui nella seconda metà del decorso secolo se ne contava, però, soltanto uno,
scomparso poi in tempi molto recenti, la cui esistenza è anche attestata dal basamento su cui
risultava collocato.
Il busto in marmo è, dunque, scomparso. Cosa dobbiamo pensare? Forse è stato sottratto in tempo imprecisato e nessuno più se ne ricorda. Chissà se la mancanza fu oggetto di una denunzia! Altra ipotesi: esso potrebbe essere stato spostato altrove da qualche istituzione competente in tema di beni archeologici, culturali ed artistici e si è persa la memoria della sua destinazione finale. Una cosa è certa: gli autori del libro più volte citato, nel caso di una sua futura riedizione, dovranno aver cura di eseguirne un doveroso aggiornamento. Intanto, qualche lettore, qualora in possesso di utili notizie al riguardo, potrebbe fornire un prezioso contributo per lumeggiare l’intera vicenda.