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Rubrica. S.MARIA C.V.: UNA VISITA AL MUSEO DELLE CARROZZE E ALL’ISTITUTO DI INCREMENTO IPPICO

Da sempre volevo visitare l’Istituto di Incremento Ippico ed il Museo delle carrozze di S. Maria C.V., ma negli ultimi cinquantacinque anni non mi è stato possibile farlo. Ogni volta che desideravo andarci si frapponeva sempre il medesimo ostacolo: l’ingresso l’ho trovato sempre chiuso. In verità alcune decine di anni fa l’area nella quale si trova l’Istituto di Incremento Ippico ha accolto alcune fiere commerciali, se ben ricordo di articoli della casa, macchine agricole e similari. Poi quelle esposizioni, che si svolsero soltanto per alcuni anni, nonostante il massiccio richiamo di pubblico, non ebbero inaspettatamente un ulteriore seguito. L’Istituto di Incremento Ippico di S. Maria C. V. si trova adiacente alla via Appia, alla fine del centro abitato, sulla sinistra, in direzione di Caserta. Soltanto le persone più distratte non possono non essersi avvedute di quell’immensa area verde che lambisce la strada statale per Caserta, nella quale, per molti anni, non si è mai intravisto alcunché. Negli ultimi tempi, chi ha avuto la ventura di avvicinarsi alla lunga recinzione avrà avuto la possibilità di scorgere dei cavalli sgambettare nei recinti poti in lontananza. Quella visione ha riacceso in molte persone, naturalmente quelle più sensibili all’ambiente ed al mondo equestre, l’interesse per quel luogo apparso sempre inaccessibile. Da qualche tempo, attraverso la stampa ed i social, è stata divulgata la notizia che l’Istituto di Incremento Ippico, con il relativo museo delle carrozze, è finalmente aperto al pubblico e, come capita, per tutte quelle cose che appaiono inavvicinabili, subito le persone maggiormente coinvolte dalle tematiche ambientali, si sono precipitate a farvi visita. Attualmente le scuderie ed il Museo delle carrozze sono accessibili tutti i giovedì, dalle ore 10.00 alle ore 13.00, però, soltanto su prenotazione, scaricando un apposito modulo dal sito dell’Istituto. In caso, di difficoltà, si può telefonare al numero 0823/841200, al quale si può prenotare la visita, lasciando i nominativi delle persone interessate alla visita. Per le scolaresche, per visite didattiche, peraltro molto interessanti ed istruttive, bisogna compilare un apposito modulo, scaricabile dal sito dell’Istituto, riportato anche nelle foto che si accludono al presente articolo. Lo scrivente, con alcuni amici, si è recato in visita alle scuderie ed all’annesso museo , il decorso giovedì 14 luglio 2022. In via preliminare, si fa rilevare la gentilezza e la disponibilità dimostrata da tutto il personale colà in servizio, da quello preposto al controllo delle persone che vi accedono (il dipendente all’ingresso), a quello degli uffici (i dipendenti che ricevono il pubblico) ed, infine, di quello addetto all’accompagnamento dei visitatori, quest’ultimo particolarmente competente e bendisposto a fornire tutte le spiegazioni possibili alle tante domande che, quel luogo, così singolare e distante dalla vita quotidiana di città, finisce irrimediabilmente per suscitare. La visita si articola in vari passaggi: dalle aule didattiche, si passa alle scuderie, ai recinti dei cavalli ed, infine, al Museo delle carrozze. Soprattutto le scolaresche, ed in particolar modo quelle di giovanissima età, possono trarre il massimo profitto dalle visite in un luogo –immerso sì nel tessuto urbano, ma finora apparso sempre tanto lontano, quasi da essere silenziato e dimenticato del tutto per la sua perdurante lunga inaccessibilità- che può dare tante risposte alle loro curiosità. Sarò un romantico, ma la mia attenzione è stata catturata da “ La preghiera del cavallo al suo padrone”, scritta dal tenente di cavalleria Marchese Granafei, morto eroicamente a Tripoli, la quale si può attagliare a qualsiasi animale d’affezione, con le opportune variazioni. Ne riporto un significativo passaggio: “Parlami- La tua voce è talora più efficace della frusta e delle redini. Accarezzami sovente perché io possa imparare ad amarti ed a servirti meglio”. Tutta la preghiera è da leggere con attenzione (E’ riportata per intero in foto), perché insegna veramente tante cose, che sconosciamo sul mondo animale e soprattutto di quello equino. Vengono riprodotte in foto due copie della medesima preghiera del cavallo, pubblicate a cura dell’Ente Nazionale per la Protezione degli Animali, di cui una più leggibile ed una meno leggibile, ma più significativa, in quanto consente di comprendere la data esatta in cui ne fu autorizzata l’affissione e la diffusione in tutta Italia, previa autorizzazione della questura di Roma, in data 27.09.1950. Nelle scuderie sono visionabili i box di innumerevoli cavalli, di diverse razze. Nei recinti è possibile ammirarne moltissimi di essi che si muovono in piena libertà. Ad un richiamo del nostro accompagnatore decine di cavalli si sono avvicinati alla staccionata del recinto per farsi coccolare; anzi facevano a gara per farsi accarezzare. Mai visto scene del genere: anche chi ha paura di avvicinarsi a consimili imponenti quadrupedi, davanti a cotanta manifestazione di affetto, mette da parte ogni ingiustificato timore e si lascia andare ad una carezza alle loro criniere ed alle loro teste, reclamanti un gesto di affetto. Ci fu spiegato che i cavalli venivano impiegati anche per terapie di recupero e riabilitazione dei disabili. Tante furono le domande ed altrettanto esaurienti furono le risposte del nostro paziente e competente accompagnatore che non si è mai stancato di fornirci le più soddisfacenti spiegazioni: dall’evitare movimenti bruschi o rumori violenti ed improvvisi in prossimità dei cavalli; dalla lettura dei movimenti delle orecchie dei cavalli, il cui diverso posizionamento vuole veicolare il mutevole momento emozionale dell’animale, quale la curiosità, l’interesse, il timore, l’allarme o l’adombramento. In un breve lasso di tempo ci furono chiariti tanti luoghi comuni. Emozionante pure il contatto con gli asini ed i loro cuccioli: anch’essi quanto mai curiosi circa la presenza dei visitatori, dai quali sembravano reclamare una carezza ed un amorevole richiamo. Un intero vasto ambiente è dedicato alla ”mascalcia”, ovvero all’antica arte artigianale della ferratura dei cavalli, dei muli e degli asini, per impedire danni agli zoccoli, durante la deambulazione sulle superfici più diversificate; tra le mansioni del maniscalco è ricompresa pure quella della pulizia degli zoccoli per evitarne il loro deterioramento a contatto con superfici umidi ed acide, quali quelle riscontrabili nelle stalle. Nel locale a ciò deputato sono esposti innumerevoli strumenti in uso al maniscalco, non solo per la rifinitura degli zoccoli, quanto anche per la loro pulizia, che noi profani della mascalcia neanche riusciamo ad immaginare: molti di quegli strumenti sono tuttora impiegati, ma ve sono esposti anche numerosi retrodatanti al diciannovesimo secolo. E che dire dei finimenti utilizzati sia per cavalcare che per il traino, da quelli attuali a quelli in uso nel XIX e nel XX secolo. Una visita, soltanto un po’ più approfondita, richiederebbe soltanto per la mascalcia ed i finimenti qualche ore di sosta per studiarne le varie fogge ed il periodo storico di rispettivo riferimento. Il pezzo forte dell’Istituto di incremento Ippico è naturalmente il Museo delle carrozze: ce ne sono di tutti i tipi, dai modelli del diciannovesimo secolo a quelli dei primi decenni del decorso secolo. Le targhe apposte vicino ad ogni carrozza sembrano ricalcare le attuali terminologie, soltanto che c’è da sostituire il termine autovettura con quella di carrozza. Sono esposti modelli di tutti i tipi, da quelle per il trasporto delle persone a quelle per il diletto degli aristocratici e dei nobili. Ci sono anche i calessi che un tempo erano in uso ai professionisti, quali i medici, per le visite ai pazienti. Mi limito a riportare soltanto qualche legenda di pertinenza ad alcune delle carrozze esposte: “Modello cabriolet, veicolo leggero a due ruote, con due posti, dotato di mantice. Adatto al traino di un solo cavallo, marca Vitale, prima metà del secolo XX”, “Calesse (vettura decappottabile a due ruote), utilizzato per il trasporto fino a due persone, utilizzato in campagna, parafanghi diritti, corti e alti”, “Modello coupé, veicolo comodo ed elegante a quattro ruote, con due posti in cabina e posto guida in posizione elevata. Adatto al trasporto in città, marca Bertrand & Company”, “Modello Carrozza aperta in vimini, veicolo a quattro ruote leggero ed elegante, con asse anteriore sterzante, con due posti più posto a cassetta per il cocchiere. Adatto al traino di un solo cavallo, materiali costruttivi: ferro, legno, vimini, pelle, marca De Gregorio, Napoli, fine secolo XIX -inizio secolo XX”, “Modello Milord o Victoria, veicolo di rappresentanza a quattro ruote, con capote e cassa ampia a due posti, più sedile per il cocchiere. Adatto al traino di due o quattro cavalli, marca Ferretti, Roma, fine secolo XIX”, “Spider Pheaton 10, marca Ferretti”. Sono state riportate le targhe illustrative di un limitatissimo campione di carrozze esposte per far comprendere che nei tempi andati c’erano modelli di tutti i tipi, a seconda delle esigenze e delle disponibilità finanziarie dei potenziali acquirenti. Carrozze modello coupé, spider, cabriolet: il linguaggio promozionale dei tempi andati è rimasto pressoché identico a quello attuale. Tutto come adesso, soltanto che prima per muoversi l’energia motrice veniva sviluppata da cavalli veri ed adesso da cavalli motore. Sono esposti anche le divise dei cocchieri ed i modelli delle fruste in uso per sollecitare i cavalli. Sono esposti anche divise e berretti in uso ai reparti di cavalleria, ancora in via di sistemazione e catalogazione. La visita al museo delle carrozze è risultata particolarmente entusiasmante: è stato come fare un tuffo nel passato più prossimo, quello che ha preceduto l’avvento dell’automobile. In apertura del presente articolo ho espresso un elogio sia sul personale che sulla struttura in generale. Dopo un lunghissimo periodo di abbandono quel luogo è risorto e sembra rivivere una nuova vita che si prospetta sicuramente radiosa pure per il futuro, anche per i lavori in corso finalizzati ad un’ulteriore valorizzazione dell’intera struttura. Io non credo che le cose accadano per caso: dietro a tutto ciò ho visto la mano, l’impegno e l’intelligenza dell’attuale responsabile del centro, la Dottoressa Agnese Rinaldi, che non conosciamo ma che abbiamo imparato ad apprezzare per tutto quello che ha fatto nel breve lasso di tempo da cui è stata preposta all’Istituto di Incremento Ippico. I Dirigenti pubblici debbono, infatti, essere valutati soprattutto per quello che fanno, anziché per quello che dicono di voler fare.

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