Avevo un vago ricordo della Cappella della Madonna della Scafa di S. Angelo in Formis. Si trova quasi nei pressi del corso del Fiume Volturno, a qualche centinaio di metri dall’omonima scafa, molto nota in passato per l’attraversamento del corso d’acqua e per i fatti storici che, nei dintorni, vi hanno avuto luogo. Per arrivarci, bisogna incamminarsi per una strada di campagna, verso l’interno, per poco meno di un chilometro (con provenienza da S. Angelo in Formis, la strada di campagna da prendere si trova a qualche centinaio di metri dal Ponte Annibale, sul lato sinistro). Gli abitanti di S. Angelo in Formis, secondo una datata tradizione, usano recarsi presso quel luogo sacro il primo maggio di ogni anno. La strada è poco frequentata e sul percorso si incontrano soltanto i coltivatori che conducono i fertili fondi agricoli che la fiancheggiano. L’area antistante il luogo sacro è solitamente posta in ordine in occasione del rituale pellegrinaggio, con lo sfalcio della vegetazione spontanea che cresce ubertosa nei pressi. Io mi ci sono recato il primo luglio di questo anno e, purtroppo, una fitta vegetazione già avvolgeva di nuovo la cappella della Scafa, anche in forza della feracità di quei suoli. L’interno della cappella si presentava molto in ordine. Sulla parete sinistra, rispetto all’ingresso, si può ammirare un affresco, purtroppo, molto ammalorato, in quanto si intravedono con difficoltà le sagome delle figure dei santi riprodotti, come si può notare dalle foto accluse. Sull’altare, invece, su di un supporto che si presume sia di metallo, incastonato sulla parete, è rappresentata una bellissima immagine della Madonna. Il mio accompagnatore mi ha riferito che, secondo la locale tradizione, quella Madonna sarebbe un’immagine speculare, se non addirittura gemella, di quella della Madonna dell’Agnena e della Madonna del santuario di Gerusalemme di Bellona. E’ una voce popolare e come tale deve essere accolta. Quella memoria, ereditata dal passato, potrebbe esser intesa anche come nascita della culto della Madonna della Scafa in epoca coincidente con quella degli altri due luoghi di culto. La visita al luogo di culto indicato può costituire oggetto di una escursione da eseguire nelle ore mattutine di questa calda estate. Il solo percorso per arrivarci, per chi ama la natura, sarà fonte di gioia, perché trattasi di un’area incredibilmente verde: la vegetazione cresce rigogliosa ed il suolo si presenta molto umido, segno della presenza di vene di acqua a poco profondità dalla superficie del terreno. Soltanto a qualche chilometro di distanza, le erbacce, a causa della persistente siccità, tendono a rinsecchirsi e a virare ad un colore spento, mentre tutto intorno alla cappella della Madonna della Scafa è un tripudio di vegetazione spontanea ferace e particolarmente verde. La località, in cui insiste la cappella, è stata testimone di importanti fatti storici. Solo per elencarne alcuni: l’attraversamento del Volturno da parte dell’esercito di Annibale, nei pressi del ponte che oggi ricorda il suo nome, la battaglia del Volturno del 1860, nel corso della quale i garibaldini (in quel momento erano confluiti nell’Esercito Meridionale) erano attestati sulle retrostanti alture di S. Iorio, mentre le truppe borboniche erano dislocate, sulla contrapposta collina, nei pressi dell’antistante monastero del Monte Rageto di Bellona, dedicato a Maria SS. di Gerusalemme e, per ultimo, proprio in quei pressi, i militari del genio dell’esercito alleato americano, nel corso della seconda guerra mondiale, realizzarono un ponte provvisorio per l’attraversamento del Volturno, poiché il ponte Annibale, in quel tempo, non era transitabile, siccome abbattuto nello stesso periodo in cui fu bombardato il Ponte Romano di Capua. Lo stato dei luoghi, col passare del tempo, risulta notevolmente modificato. Nel libro “Campagna e paesaggio nell’Italia antica” è, infatti, riportato che “alla Cappella della Scafa si giungeva fino al secolo scorso tramite una strada, attualmente impraticabile, cha da S. Iorio volgeva a settentrione, piegando appena ad ovest; arrivava così al fiume in coincidenza del punto in cui ricade il prolungamento della linea del decumanus maximus. La fronte del pianoro che guarda il Volturno mostra oggi una netta ed alta parete, ma la gente del posto ricorda chiaramente come la discesa al fiume fosse agevole, prima che sbancamenti e rimodellamenti del costone a fini agricoli la interrompessero”. Di lato alla Cappella si possono notare degli antichi ruderi, di cui s’ignora la primitiva destinazione. La popolazione santangiolese è davvero ammirevole, perché ha saputo conservare un’antica tradizione con lo stesso spirito e la viva dedizione dei tempi andati.