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DALL’INIZIATIVA DI UN CROCIATO CAPUANO (?) E DAL SUO VOTO ALLA MADONNA DI GERUSALEMME: UNA CAPPELLA, DIVENUTA POI UN MONASTERO, CE LO RICORDA TUTTORA, SEBBENE UN FITTO ROVETO OGGI L’OPPRIMA E LA MEMORIA COLLETTIVA L’ABBIA QUASI DIMENTICATA DEL TUTTO. EPPURE QUEL LUOGO E’STATO TESTIMONE DI UNA MESSE PRODIGIOSA DI GUARIGIONI MIRACOLOSE.

LA STORIA DEL LUOGO SACRO E’ RACCONTATA IN QUATTRO PARTI

PRIMA PARTE – Prima di parlare di questo luogo di culto è doveroso fare una premessa, per comprendere come mai un nobile capuano si fosse portato in Terra Santa. Fin dai tempi antichi i soldati capuani (della Capua antica) avevano raggiunto una certa fama, sia per capacità guerresche che per ardimento. Se i soldati appiedati avevano raggiunto una certa fama, ancor più popolarità e celebrità
acquisirono le milizie a cavallo.
Francesco Granata, nel suo prezioso libro “Storia civile della fedelissima città di Capua”,
pubblicato nel 1752, a proposito dei soldati capuani ebbe a scrivere: “Dei soldati Capuani poi, i
Pedoni (cioè i soldati appiedati) erano valorosi, ma gli Equiti (cioè quelli a cavallo) erano
insuperabili: di questi scrisse con molta lode il Pellegrino, riflettendo sul testo di Aristotile, che
disse, esser ordinariamente agguerrita la nobiltà nei paesi piani, come quella che può
comodamente nutrir cavalli, ed esercitarsi in questo modo di guerreggiare, tantoché dei soldati
Capuani scrisse Livio: <In multis certaminibus equestria praelia ferme prospera faciebant, pedites
superabantur>. E in altro luogo riferito dallo stesso Pellegrino così scrisse: <Sex milia armatorum
equistribus praeliis lacessebam hostem>. Mille cavalieri Capuani, a dir di Livio, nella guerra Gallica
uniti nell’esercito Romano combattevano. Trecento delle famiglie più nobili, e distinte di Capua,
tutti coraggiosi, e di sommo valore scelti dai Romani, stavano in guardia delle città di Sicilia.
<Trecenti equites, nobilissimus quisque Campanorum, in praesidia Sicularum urbium a Romani
delecti et missi>. Di questa soldatesca a cavallo in ogni tempo, anche in quei più bassi ha fatto
sempre pompa la Città di Capua: tantoché il gran Capitano Tancredi sotto la sua scorta si pigliò 800
Cavalieri della nostra Campania, e li portò seco a liberare col suo esercito la città di Gerusalemme:
onde cantò Torquato Tasso: <Gli ottocento a cavallo, cui fan scorta, lasciar le piagge di Campania
amena, pompa maggior della natura, e i colli, che vagheggia il Tirreno fertili, e molli>
”.
I testi riportati magnificano la cavalleria capuana. Lo stesso Torquato Tasso, nel suo poema
eroico La Gerusalemme Liberata, pubblicato nel 1581, fece riferimento ad un fatto storico,
ovvero alla spedizione della prima crociata, al comando del Capitano Tancredi. Non possiamo
ritenere di poco rilievo la circostanza che il Tasso abbia creduto opportuno citare l’apporto della
cavalleria capuana nella crociata capitanata dal Tancredi. Evidentemente riteneva che il loro
apporto fosse valutato non solo rilevante, ma anche di notevole prestigio.

Il luogo sacro oggi

Così continuava il Granata, a proposito della cavalleria Capuana: “Tra quelli 800, scrive un
autore [che stranamente non viene citato e poi spieghiamo la possibile scaturigine di questa
omissione], vi fu un nobile Capuano, il quale mortalmente ferito in tal battaglia da un dardo
avvelenato, fece voto alla Madre di Dio, se gli faceva la grazia di tornar sano in Capua sua patria, di
edificarle una Cappella con una sua immagine, simile a quella che stava in Gerusalemme. Infatti
essendo stato dalla SS. Vergine guarito, edificò sopra al monte di Bellona la piccola Chiesetta col
titolo di S. Maria di Gerusalemme: sebbene poi col fondo del Capitolo Capuano, e coll’aiuto
degl’illustri Principi della Baronia di Formicola fu dilatata, ampliata, e ridotta ad un convento dei
PP. Serviti: il cui Monistero [monastero], e la Chiesa sta situata in Diocesi Capuana; la Sacrestia poi,
e l’altra porzione del Convento in Diocesi di Caiazzo, come nel terreno della Baronia di Formicola si
trova
”.
La storia del monastero, denominato del Gerusalemme (In dialetto noto semplicemente col
nome <O Salemme>), sembra abbastanza chiara; però dalla lettura del libro del canonico Raffaele
Marra
, dal titolo “Bellona e S. Maria di Gerusalemme venerata in Bellona”, pubblicato nel 1879 e
ristampato nel 1903, in occasione della ricorrenza del centenario della collocazione della Statua
della Madonna, avvenuta nell’anno 1806, si ricava che la sua fondazione possa essere spiegata
diversamente. I due testi furono poi arricchiti da una appendice; i tre preziosi volumi sono tuttora
custoditi e consultabili presso il Museo provinciale di Capua.
Il canonico Marra ha raccontato che la cappella “si trova mentovata la prima volta in un
diploma del Normanno Roberto 1° del 1109. Pare che da ciò si possa ragionevolmente dedurre che
la chiesetta sia sorta nel tempo che passa tra il 1034 ed il 1109
. Il monaco poi s’inoltra un poco più
avanti e fissa il tempo della fondazione del tempietto al 1100. Ed è naturale, perché nel 16 Luglio
1099 fu presa la Santa città di Gerusalemme. ….. In vero questa partenza di Riccardo per la crociata
non è tanto probabile. ….. Un Principe che pensa a riconquistare la città capitale, donde ha dovuto
esulare, non si allontana per un anno, e proprio nell’anno più prossimo alla riconquista. Che se
reprimendo con eroica rassegnazione i suoi disegni ambiziosi vagheggia più nobili ideali di
guerresche imprese, non desiste da esse nel momento appunto che gli sorride vicino il trionfo.
Inoltre per concertare un’azione comune con due altri principi ci vuole del tempo. Bisogna
confessare che il monaco stesso si mostra esitante ad ammettere la partenza di Riccardo. ….. Del
resto non fa meraviglia che il nostro Riccardo non sia partito, quando i due Ruggieri non si
mossero; tuttoché liberi si trovassero da ostacoli. Pare evidente che i Normanni d’Italia, specie i
Ruggieri coi loro alleati, pensassero poco ad allontanarsi dai loro domini, cui intendevano ad
assodare e ad allargare. ….. Urbano 2° gran promotore della prima crociata, come tutti sanno, e
che sopra tutti gli altri papi fu il più bene affezionato ai Normanni, nemmeno questo gran Papa
aveva interesse a far partire questi Principi, che mentre i più potenti monarchi di Europa lo
tenevano in angustie e lo amareggiavano, gli stavano a lato come valorosi e fedeli difensori e
consolatori. Ma se Riccardo 2° non corse pericoli nella crociata, né vide mai Gerusalemme; dovette
però sentire nel cuore un vivo entusiasmo per la Sancta Jerusalem. E per vero, mentre che egli
con i due Ruggieri tiene stretta d’assedio la sua Capua, ecco che giunge al campo Urbano 2°
accompagnato, tra gli altri prelati, dal famoso Anselmo di Cantorberi per riconciliare la ribellata
città col giovine e virtuoso Principe. E’ incredibile che Urbano nei giorni che si trattenne nel campo, alloggiasse con la sua corte in sei padiglioni, e conversò col Principe, non abbia parlato
della Sancta Jerusalem come poteva parlarne un pontefice ed un Santo: quel santo pontefice, che
nel concilio di Clermont aveva incominciato il suo discorso con le parole <De Sancta Jerusalem,
fratres , loqui dissimulavimus> (Della Santa Gerusalemme abbiamo fatto finta di parlare). E
parlandone ad un principe sì pio, è incredibile che questi non abbia sentito nell’animo un vivo
ardore di devozione verso i luoghi santi. Questo sentimento fu, a parer mio, la causa della
costruzione della Sancta Jerusalem sul Rageto
”.
Il Marra, poi, esplicitò meglio i suoi dubbi, argomentando che per le suesposte ragioni “non
possiamo accettare la intera narrazione del Granata intorno alla origine del tempietto sul Rageto ,
e quindi anche la ferita del dardo avvelenato onde sarebbe stato miracolosamente guarito il
fondatore della chiesetta, l’abbiamo detto abbastanza. Ma è bene anche indagare su quale
fondamento si sia potuto basare questa narrazione
”. E per farlo il Marra si affida a quanto
descritto da Ms. Iannelli (studioso coevo di storia locale): “Il Granata e per esso l’innominato
autore da lui citato, primi a foggiare una tal credenza, han creduto forse attribuire al presunto
Nobile Capuano questo ch’è stato da altri riportato sul conto di Roberto Duca di Normandia, del
quale è propriamente detto di avere appunto ricevuto in quella sacra spedizione (le Crociate) una
mortal ferita nel braccio destro per una freccia avvelenata, della quale guarì poscia al suo ritorno
in Salerno mercé della principessa sua moglie, la quale con raro esempio di amore si vuole che
mentre Roberto dormiva senza che poteva accorgersene sì replicate volte succiò dalla ferita, che
tutto ne trasse il veleno e rese sano Roberto. Ecco dunque in che sta lo scambio e l’alterazione dei
fatti. Il Nobile Capuano sarebbe il nobile duca Roberto Salernitano, la guarigione del dardo
avvelenato sarebbe quella stessa al braccio destro del Duca Roberto, e Maria prodigatrice di grazie
a pro del nobile capuano non sarebbe che la eroica Sibilla che prodiga tanti tratti d’amore a pro
del suo amato consorte cui rende la vita
”.
Da quanto riportato -sebbene controverso il nome del crociato ferito dal dardo avvelenato-
si deduce che una sola cosa è certa, ovvero che i fatti raccontati siano comunque riconducibili alla
spedizione dei crociati in Terra Santa e che un nobile locale sia stato davvero ferito da un dardo
avvelenato dal quale -seconda la credenza del tempo- sarebbe stato miracolosamente guarito.
FINE DELLA PRIMA PARTE: LA SECONDA, LA TERZA E LA QUARTA PARTE SARANNO PUBBLICATE
NEI PROSSIMI GIORNI.

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